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Come e quando è stata scoperta la malattia di Alzheimer?

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Come e quando è stata scoperta la malattia di Alzheimer?
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La malattia di Alzheimer è stata scoperta oltre un secolo fa, grazie alla ricerca di un medico tedesco che non si accontentava delle risposte che la medicina del suo tempo dava alla perdita di memoria


Redazione - Scienza e Conoscenza - 07/06/2023

Tratto dal libro Alzheimer e altre malattie del cervello

All’inizio del secolo scorso, il dottor Aloysius “Alois” Alzheimer praticava la professione medica in una grande casa di cura in Germania. Un giorno venne ricoverata una donna di 51 anni, Auguste D., che presentava tutti i sintomi della senilità; tuttavia, vista la sua età, si pensò che fosse troppo giovane per essere affetta da questa patologia. A quel tempo si riteneva che la senilità facesse parte del normale processo di invecchiamento e che, con il passare degli anni, una persona potesse essere soggetta ad amnesie, ripetere verbalmente più volte le stesse cose, diventare più debole e fragile e avere maggiormente bisogno di aiuto da parte della propria famiglia. I casi di senilità aumentarono di pari passo con l’allungarsi della durata della vita, il che portò alla conclusione che doveva necessariamente trattarsi di una problematica legata all’invecchiamento.


Il dottor Alzheimer riuscì a seguire il caso di Auguste D. per parecchi anni, osservandola durante il suo declino. Quando la signora morì, Alzheimer effettuò un’autopsia e rilevò significative patologie cerebrali, che differenziavano la malattia di cui soffriva la paziente dai normali cambiamenti che avvengono nel cervello durante l’invecchiamento. Innanzitutto, scoprì che il cervello di Auguste D. presentava un’eccessiva atrofia. Quando il cervello invecchia, è possibile che si verifichi una certa riduzione della materia cerebrale, ma nel caso della paziente questa caratteristica era molto pronunciata.
In seconda battuta, il medico rilevò che, in confronto a un cervello sano e alla sua tortuosa superficie (le “circonvoluzioni”), i solchi del cervello di Auguste erano diventati molto profondi, e che la porzione interna (dove sono posizionati i ventricoli) risultava scavata. Inoltre si era verificata una vera e propria perdita di materia cerebrale.


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Un’altra alterazione significativa era data dagli “ammassi neurofibrillari”. Le sinapsi neurali stavano aggrovigliandosi e morendo e, durante questo processo, non erano più in grado di inviare o assorbire le sostanze chimiche note come “neurotrasmettitori”, per esempio l’acetilcolina, essenziale ad ogni livello di funzionamento. Per finire, A. Alzheimer notò placche amiloidi (dette anche “placche senili”).

In un cervello che invecchia normalmente possono esserci da 3 a 15 placche, prodotte da una proteina chiamata APoe-4. Ma in un cervello colpito da questa malattia ci sono molte placche, che bloccano letteralmente le funzioni cerebrali. Pensate a una sostanza densa, appiccicosa e simile al colesterolo che si deposita a casaccio sulle varie parti del cervello. Alzheimer presentò le sue scoperte a una conferenza tenutasi nel 1906 e, successivamente, alla malattia venne dato il suo nome.


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Attualmente, “demenza” viene considerato un termine generico. Ora sappiamo che, indipendentemente dall’età della persona, la perdita di memoria non è un evento normale. Anche se non conosciamo ancora tutte le cause di questa patologia e il modo per curarla, sappiamo che a provocarla è qualche tipo di alterazione chimica o fisica, e che si tratta di una condizione anomala.


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La redazione di Scienza e Conoscenza è composta da giornalisti e responsabili di collana che collaborano con autori e ricercatori esperti nei... Leggi la biografia
La redazione di Scienza e Conoscenza è composta da giornalisti e responsabili di collana che collaborano con autori e ricercatori esperti nei campi della Medicina Integrata, della Consapevolezza e della Fisica Quantistica.    Leggi la biografia

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