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L’universo potrebbe essere un gigantesco ologramma - prima parte

Fisica dell'incredibile

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L’universo potrebbe essere un gigantesco ologramma - prima parte
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Secondo una teoria che prende il nome di principio olografico, l’universo sarebbe simile ad un gigantesco ologramma


Fausto Bersani Greggio - 27/02/2019

Secondo una teoria che prende il nome di principio olografico, l’universo sarebbe simile ad un gigantesco ologramma: proprio come una manipolazione della luce permette di registrare un’immagine tridimensionale su una pellicola in due dimensioni, il nostro universo, in apparenza tridimensionale, potrebbe essere totalmente equivalente a un «dipinto» su un’immensa superficie lontana.

Un ologramma è un tipo speciale di fotografia che genera un’immagine tridimensionale quando viene illuminata in modo appropriato. Tutta l’informazione che descrive la scena tridimensionale è codificata e vive su una pellicola bidimensionale (v. Fig. 1)

 

fig.1

Il principio olografico afferma che una situazione analoga si può applicare nella descrizione di un qualunque sistema che occupi una regione tridimensionale purché la teoria fisica che lo descrive operi solamente sul suo confine bidimensionale. Il concetto di ologramma, inteso in modo generale, può essere quindi esteso come una rappresentazione a D – 1 dimensioni di un oggetto D dimensionale.

La fisica dei buchi neri – concentrazioni di massa incredibilmente dense con campi gravitazionali talmente intensi che neppure la luce riesce ad evadere – dà un’indicazione di come questo principio potrebbe essere vero anche a livello astrofisico, se non addirittura cosmologico.

Dallo studio dei buchi neri si ricava una conclusione sorprendente: l’entropia, che è connessa al contenuto di informazione di una qualsiasi regione dello spazio, è definita non dal suo volume ma dall’area della sua superficie

Alcuni fisici ritengono che questo risultato sorprendente possa essere un indizio in direzione di una teoria definitiva della realtà.

Il secondo principio della termodinamica afferma che l’entropia di un sistema fisico isolato non può mai diminuire. Tuttavia quando la materia scompare in un buco nero l’entropia dell’Universo sembrerebbe scomparire per sempre: un buco nero assorbe materia ed energia dallo spazio circostante e quindi “mangia” informazione.

Il secondo principio sembra pertanto essere violato.

Sennonché, negli anni ’70, venne dimostrato un teorema in virtù del quale l’area totale di un buco nero, per un qualsiasi evento, non diminuisce mai. Di conseguenza, se si suppone che l’entropia di un buco nero sia proporzionale alla superficie del suo orizzonte, si può pensare che quando la materia cade al suo interno, l’aumento di entropia di quest’ultimo compensi l’entropia “persa” dalla materia scomparsa, una sorta di generalizzazione del secondo principio della termodinamica. Questo assunto fu effettivamente dimostrato da Bekenstein.

E fin qui non ci sarebbe un immediato problema se l’informazione rimanesse confinata all’interno dell’orizzonte degli eventi. Tuttavia Hawking nel 1974 pubblicò un articolo in cui sosteneva che un buco nero può emettere spontaneamente radiazione termica fino ad “evaporare”, fenomeno peraltro, al momento, mai osservato.

Cosa accade all'informazione caduta precedentemente nel buco nero quando esso evapora?

Ed inoltre, che dire del teorema dell’area il quale, a fronte di un’eventuale evaporazione del buco nero risulterebbe evidentemente violato data l’inevitabile scomparsa del buco nero stesso?

Anche se l’idea di Bekenstein, di un’entropia generalizzata data dalla somma dell’entropia dei buchi neri e della materia esterna ad essi, salva la seconda legge della termodinamica, rimane tuttavia aperto il problema del teorema dell’area e dell’informazione.

L’ipotesi di Hawking di un buco nero che possa evaporare pone una serie di problemi teorici, conosciuti con il nome di “paradosso dell’informazione”, poiché nel lavoro originale la radiazione di Hawking è puramente termica, col risultato che dell’informazione viene distrutta per sempre: si pensi ad esempio ad alcune proprietà delle particelle catturate all’interno di un buco nero come la massa, la carica elettrica, lo spin, l’energia, la quantità di moto, ecc. tutti dati che andrebbero completamenti persi.

Fintanto che nulla poteva uscire da un buco nero, si poteva pensare che l’informazione, non più accessibile, continuasse comunque ad esistere confinata al suo interno, ma nel momento in cui questo non è più vero allora nascono delle difficoltà di interpretazione a livello quantistico. Infatti in meccanica quantistica l'informazione non viene mai distrutta. I tentativi di spiegazione allo stato attuale risultano alquanto contorti, poco convincenti e sicuramente incompleti.

Personalmente ritengo che il problema possa essere spiegato diversamente.

In una mia precedente pubblicazione su questa rivista [1] dimostrai che il ragionamento di Hawking è affetto da un errore e che in realtà un buco nero non potrà mai evaporare provando quindi che il teorema dell’area è assolutamente generale e non presenta violazioni salvaguardando anche il contenuto dell'informazione nascosta.

E’ stato dimostrato, come si è detto, che l'entropia di un buco nero è proporzionale all'area del suo orizzonte degli eventi. Essa risulta misurata in unità di Planck (v. Fig.2)

fig.2 

ossia, pixel infinitesimi (10^-66 cmq) che rappresentano il limite estremo della nostra capacità di indagare l’infinitamente piccolo. L'idea è che lo spazio-tempo potrebbe non essere perfettamente liscio, esattamente come un’immagine digitale che evidenzia i propri limiti di risoluzione quando si zooma fino a dimensioni dell’ordine di grandezza dei suoi pixel.

L'informazione può essere quindi codificata sullo schermo olografico della sua superficie, il che corrisponde ad una caratteristica particolare: studiare la fisica della superficie olografica equivale a studiare la fisica del volume in essa racchiuso. Lo schermo olografico conserva una sorta di “memoria” o di “archivio”, se si preferisce, delle proprietà della materia contenuta al suo interno.

Un processo analogo si verifica anche nel noto esperimento delle due fenditure, l’esperimento premiato nel 2002 dalla rivista Physics World come il più bello della fisica, in cui venne realizzata una figura di interferenza non con onde classiche, come sarebbe lecito attendersi, bensì con particelle, per l’esattezza elettroni.


Fausto Bersani Greggio
Laureato in Fisica presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi sulla quantizzazione del campo gravitazionale.Associato all'I.N.F.N.... Leggi la biografia
Laureato in Fisica presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi sulla quantizzazione del campo gravitazionale.Associato all'I.N.F.N. (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) dal 1995 al 2007 per collaborazioni ai progetti di ricerca degli esperimenti L.V.D. (Large Volume Detector) e O.P.E.R.A. (Oscillation Project with... Leggi la biografia

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