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Oltre la religione: la divinità come coscienza universale secondo la scienza

Scienza e Fisica Quantistica

Oltre la religione: la divinità come coscienza universale secondo la scienza

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Oltre la religione: la divinità come coscienza universale secondo la scienza

“Dio e coscienza”: un binomio che per secoli è stato appannaggio delle religioni, ma che oggi trova nuove chiavi di lettura nel mondo della fisica moderna e delle neuroscienze. Dimentichiamo l’immagine antropomorfa di un Dio esterno e trascendente. Secondo sempre più studiosi e pensatori visionari, tra cui il fisico Vittorio Marchi, la divinità non è un ente fuori da noi, ma la coscienza universale che ci abita.


Francesca Lanza

Divinità e coscienza: cosa dice la scienza?

L’idea che tutto l’universo sia una grande rete interconnessa, in cui ogni essere vivente è una manifestazione locale di una coscienza non locale, non è più solo materia da mistici o filosofi orientali. La fisica quantistica, attraverso il principio di entanglement e la teoria dell’universo olografico, suggerisce che:

  • Osservatore e osservato sono la stessa cosa;

  • Ogni parte del tutto contiene il tutto (olografia);

  • Spazio e tempo non sono assoluti, ma relativi alla nostra percezione coscienziale.

In questo scenario, la coscienza è primaria, non secondaria alla materia. Come affermava George Wald, premio Nobel per la biologia: "La mente, anziché emergere come una tarda escrescenza nell’evoluzione della vita, è sempre esistita; è la fonte e la condizione della realtà fisica.”

Religione e spiritualità: una distinzione necessaria

Una delle tesi centrali del pensiero di Vittorio Marchi (1938- 2017) insegnante di Fisica e ricercatore, fu la netta distinzione tra religione e spiritualità, spesso confuse ma in realtà opposte nel loro approccio alla divinità e alla coscienza umana.

In un libro straordinario "La Verigine di scoprisi Dio" Marchi argomenta ampliamente la distinzione tra queste due dimesioni. Le religioni dogmatiche tradizionali hanno costruito un’idea di Dio esterno all’essere umano, collocato in una dimensione trascendente, irraggiungibile, spesso associata a un’entità antropomorfa, maschile e giudicante. Hanno alimentato un culto della separazione:

  • Io e Dio come due poli distinti;

  • Bene e male come forze eterne in lotta;

  • Spirito e materia come elementi inconciliabili.

Questa visione dualistica ha avuto effetti profondi sulla psiche collettiva, generando senso di colpa, bisogno di mediazione (sacerdoti, riti, dogmi) e soprattutto la paura della morte come condanna e giudizio. Le religioni, dunque, non hanno liberato l’uomo: lo hanno reso dipendente da un'autorità esterna e da una salvezza promessa ma mai esperita.

«L’uomo, per secoli, è stato costretto a genuflettersi davanti al patibolo del dogma dualistico “io e Dio”, sacrificando la propria vera natura all’altare di un’entità separata e inarrivabile.»
(La vertigine di scoprirsi Dio, V. Marchi)

La spiritualità come risveglio dell’unità

Al contrario, la spiritualità non ha nulla di religioso in senso istituzionale. È piuttosto un cammino interiore, un’esperienza di riconnessione con l’Uno di cui siamo parte. Non esiste separazione tra noi e il divino, perché la divinità è l’essenza stessa della nostra coscienza.

In questa prospettiva:

  • L’essere umano non è una creatura di Dio, ma un’espressione del divino stesso.

  • Non esiste un “aldilà” separato da noi: il Regno dei Cieli è dentro di noi, come già indicava Gesù in contrapposizione ai farisei del suo tempo.

  • Tutto l’universo è coscienza che si osserva attraverso infinite forme, un’unica onda che vibra in mille particelle, tutte collegate.

«Non è Dio che abita nei templi: è l’uomo che, se si risveglia, si accorge di essere il tempio stesso.»
(La vertigine di scoprirsi Dio, V. Marchi)

Marchi evidenzia come anche la fisica quantistica abbia ormai abbandonato la vecchia visione meccanicistica e deterministica. Le particelle subatomiche non esistono come oggetti separati, ma come eventi di coscienza che emergono dalla relazione tra osservatore e osservato. In altre parole: l’universo esiste perché lo osserviamo, e ciò che osserviamo è un riflesso della coscienza che siamo.

Dalla fede cieca alla conoscenza diretta

In questa cornice, la spiritualità non si basa su credenze, ma su esperienza diretta. Non chiede di “credere in Dio”, ma di scoprire la propria natura divina attraverso l’autoconsapevolezza. La fede, intesa come bisogno di credere in qualcosa di esterno, appartiene al bambino spirituale. L’essere risvegliato, invece, non ha più bisogno di credere: sa.

Come sintetizza Marchi:

«Dio è ateo. Non ha bisogno di credere in sé. È. E tu, se ti riconosci in Lui, smetti di credere. Inizi a essere.»

GUARDA IL VIDEO DI VITTORIO MARCHI

 https://www.youtube.com/watch?v=eHtwwLnu82M

 


Francesca Lanza
Responsabile del coordinamento editoriale della collana Scienza e Conoscenza per Macro Edizioni, formatrice, coach a indirizzo olistico motivazionale. Leggi la biografia
Responsabile del coordinamento editoriale della collana Scienza e Conoscenza per Macro Edizioni, formatrice, coach a indirizzo olistico motivazionale. Leggi la biografia

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