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Intervista a Marco Todeschini


di Massimo Teodorani - 01/01/2016
Marco Todeschini è sicuramente uno degli scienziati più singolari ed eclettici tra le “voci fuori dal coro” delle scienze fisiche, e certamente un onore per l’Italia. Con la sua teoria Psicobiofisica riuscì a costruire un modello di grande unificazione il quale, fondato anche su alcune verifiche sperimentali, univa l’uomo come entità sia fisica che spirituale, al microcosmo delle particelle elementari e al macrocosmo delle galassie. Una teoria a tutti gli effetti fisica, elaborata da un ingegnere – già professore universitario di meccanica razionale – con conoscenze sconfinate che spaziavano dalla fisica dell’atomo, all’astrofisica, fino alla biochimica e alla neurofisiologia. I moti di tutti gli oggetti nell’universo, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, sono secondo Todeschini rapportabili ad un’unica sostanza invisibile e sottile denominata “etere” esistente ovunque nell’universo. Un etere concreto che riempie tutto lo spazio, in opposizione a quel vuoto assoluto su cui la fisica era basata fin dai tempi di Newton: da qui ne derivava quella che Todeschini chiamava “spaziodinamica”. Nella visione Todeschiniana le “forze” che sembrano esplicarsi nell’Universo, come le aveva prima concepite Newton e poi Einstein, non esistono realmente ma sono solo apparenze. Secondo Todeschini, i corpi nell’Universo si muovono non perché sono sottoposti a forze inerziali in uno spazio completamente vuoto ma solo perché vengono trasportati da vortici di etere in perenne rotazione e vibrazione. Le vibrazioni dell’etere sono proprio quelle che noi percepiamo fisiologicamente come “sensazioni”. Infatti sono i movimenti dell’etere a generare reazioni meccaniche nei nostri cinque sensi ed è solo la psiche – identificabile secondo Todeschini con l’anima – a trasformare questi stimoli di natura esclusivamente meccanica in reali sensazioni, quelle che ci danno piena coscienza di essere vivi. Se la psiche non esistesse, ma se esistesse solo quella (peraltro meravigliosa) centralina elettronica che è il cervello, in grado di smistare tutti gli stimoli meccanici ricevuti dai vari sensori corporei, l’universo sarebbe un luogo buio e la vita – che è invece basata sulle sensazioni che ci vengono fornite dalla nostra psiche – non avrebbe alcun senso. In tal modo l’universo intero e gli esseri viventi sono tutti legati in un “unicum” armonioso, e l’universo stesso può essere percepito nella sua infinita varietà di effetti solo tramite l’anima che sta alla base di esseri evoluti come l’uomo. Questa la ragione per la quale Todeschini chiamò la sua teoria con la definizione di “Psicobiofisica”. La sua fu una vera e propria rivoluzione nella scienza che suscitò nei suoi colleghi scienziati sia reazioni di rigetto sia un profondo apprezzamento. Mai nessuno prima di allora aveva osato introdurre il parametro “spirito” all’interno di una teoria fisica dalle caratteristiche logico-matematiche indiscutibili. Infatti la fisica fino a quel tempo (e continua ai giorni nostri) aveva trattato solo il parametro “materia”, mentre lo spirito era solo un argomento di religione e filosofia. Volendo saperne qualcosa di più sull’uomo oltre che sul suo operato scientifico, ho avuto il grande piacere di intervistare la figlia tuttora vivente di questo grande scienziato, Antonella Todeschini di Bergamo. La signora Todeschini, persona di grande intelligenza, lucidità, cultura e simpatia, si è dimostrata subito molto disponibile, permettendomi di tracciare dalla precisione, completezza e spontaneità delle sue risposte, anche un quadro umano del padre. In tal modo possiamo ottenere una chiave di lettura che ha mosso questo scienziato a intraprendere una strada così difficile e al contempo al completo servizio dell’umanità. Ecco cosa ci dice in proposito Antonella Todeschini. Massimo Teodorani - Come si rapportava tuo padre con il mondo accademico dei suoi tempi? Antonella Todeschini - Lui cercava di accattivarsi i colleghi non per suo tornaconto personale ma solo ed esclusivamente per comunicare la profondità della sua scienza e delle sue scoperte, per donarla a loro. La sua teoria aveva una grande forza, ed era un dono al mondo che lui voleva fare. Alla sua morte sulla sua tomba non ho voluto mettere un monumento a mezzobusto, ma una roccia che rappresentasse il carattere del personaggio, che di fatto era una roccia. M.T. – Quali erano gli scienziati famosi, tra quelli che gli prestarono attenzione, con cui ebbe modo di discutere della sua Psicobiofisica? A.T. – Ad una conferenza internazionale di fisica di importanza storica che si tenne sul lago di Como, dove mio padre presentò i risultati delle sue ricerche, ricordo che mi disse di aver avuto un importante contatto con il famoso fisico atomico Niels Bohr [la spaziodinamica di Todeschini era infatti partita proprio dall’infinitamente piccolo], ma so che egli si confrontò anche con altri importantissimi fisici del tempo, il cui nome adesso non ricordo. Ricordo solo che lui mi disse che quello, tra i tanti congressi scientifici a cui partecipò, fu proprio un grande evento. Ci sono tanti documenti e incartamenti di mio padre che al momento non mi ritrovo sottomano, ma che sono in possesso di un cugino di Milano. Con ogni probabilità questo contatto con il grande fisico danese Bohr ebbe luogo attorno al 1950 e fu molto importante per mio padre, perché avvenne un anno dopo la pubblicazione di uno dei suoi libri più importanti, “Teoria delle Apparenze”. M.T. – Tuo padre aveva qualità particolari che andavano oltre la sua ben nota intelligenza e cultura eclettica? A.T. – Mio padre aveva una splendida vena poetica, che mi è sempre rimasta impressa. C’è uno scatolone di poesie da lui scritte, e mi è stato promesso che una parte sarà pubblicata. Il suo stile poetico era strutturato proprio come un poema, basato su una metrica molto simile a quella con cui fu scritta la Divina Commedia. In queste sue opere poetiche, che si accompagnavano al suo lavoro scientifico e si armonizzavano con esso, lui raccoglieva tutta la sua vita, il suo pensiero e anche la sua teoria. Si trovano svariate poesie anche all’interno dell’altra importante sua opera, Psicobiofisica, alcune di queste poesie sono state tradotte anche in francese da un suo collega. Ti farò leggere le sue poesie e voglio che siano pubblicate. Credo che questa vena poetica gli venisse anche dal profondo rapporto che lui aveva con mia madre, donna eclettica, grande amante della letteratura e del pianoforte. Mio padre assorbì molto da mia madre. Dietro un uomo così sublime c’era dunque anche una donna altrettanto sublime: un grand’uomo ha sempre accanto una grande donna. M.T. – In che modo l’essere religioso lo spinse a proseguire con le ricerche? Da dove traeva tutte quelle incredibili energie che lo spinsero a produrre un lavoro così imponente? A.T. – Mio padre aveva ottimi rapporti con la chiesa. Ma non nel senso che lui fosse maniacalmente praticante, certamente non era fanatico, ma era senz’altro molto religioso. Con serietà. Durante la guerra avevamo fatto un voto per ringraziare che tutto era andato bene, e infatti nel 1961 andammo a Roma per ringraziare la Madonna del Divino Amore. M.T. – Come vedeva tuo padre il futuro dell’umanità? Era ottimista o pessimista? A.T. – Mio padre vedeva il mondo molto ottimisticamente, perché era uno spiritualista, era mosso dallo spirito e non dal materialismo. La grande forza e tenacia che traeva da questa smisurata spiritualità la profondeva tutta nelle sue ricerche. La sua opera scientifica era tanto grande e vasta che essa includeva anche lo spirito, non solo la materia che convenzionalmente trattano tutti gli scienziati, ma andava oltre. M.T. – Quale era il suo più grande sogno? A.T. – Era quello di riuscire a donare al mondo la sua opera nella sua interezza, affinché il mondo potesse apprendere, per scopi benefici e mosso da intenti spirituali, non solo conoscitivi. Mio padre non voleva essere il detentore delle sue stesse opere, e infatti le dette in pasto a tutti. Ha voluto dare a tutti: “Voi siete i miei araldi – diceva alle tante persone e colleghi che lui riceveva – e io vi invito a spaziare nella mia teoria, e ad apprendere e assorbire tutto quello che vi ho dato”. Non era assolutamente fanatico di emergere, voleva invece che emergesse la sua opera per il bene dell’umanità. Era una grande spinta spirituale quella che lo muoveva. M. T. - Tuo padre si interessava della ricerca scientifica sulle intelligenze extraterrestri, quella ricerca che oggi si chiama SETI? A.T. – Non esattamente di quella. Però, seppur con la cautela dello scienziato, ricordo che lui aveva un interesse per gli UFO, proprio perché amava sapere ed esplorare. Riceveva spesso persone che erano tutte protese verso la questione degli UFO e li riceveva volentieri perchè voleva conoscere tutto da loro su quella materia e li ascoltava con grande attenzione [non è forse una coincidenza il fatto che Todeschini, proprio sulla base della sua teoria sull’etere, avesse progettato uno marchingegno a levitazione denominato “motore a forza propulsiva centrifuga”]. Aveva un’apertura mentale, solo ed esclusivamente per conoscere. Allo stesso modo era interessato al fenomeno dei “guaritori”, perché voleva cercare un riscontro di certi fenomeni non ancora spiegati, con la sua teoria [e infatti una parte della teoria di Todeschini, che racchiude in sè anche i cosiddetti “fenomeni metapsichici”, lo portò ad ideare e costruire strumenti di misurazione che erano in grado di rivelare, ad esempio, l’energia cinetica prodotta dal “fluido” emesso dai pranoterapeuti]. Mio padre voleva trasformare il mistero in scienza, la sua scienza. E infatti per lui la scienza non era solo materia, ma anche spirito. Voglio che la teoria di mio padre sia meglio conosciuta e studiata. M.T. – Come lo ricordi come padre nei tuoi confronti? Vi coinvolgeva nel suo lavoro? A.T. – Nell’ambito familiare era a volte molto silenzioso e desiderava avere la sua intimità con il lavoro, non voleva essere distratto. Mia madre e io eravamo un pò alle sue dipendenze, attente a non distrarlo, perché sapevamo bene quanto erano importanti per lui le sue ricerche, non per il suo ego, ma per il sogno che lui aveva di donare al mondo intero, un sogno scaturito dalla sua grande spiritualità. Mio padre aveva bisogno di serenità, certamente…Devo dire che con me a volte era molto severo e categorico, e a volte mi considerava un pò come il suo “marmittone”. Io mi sono sposata tardi. Mio padre comunque mi adorava così come amava mia madre, ed era anche molto spiritoso: quando improvvisamente desiderava estraniarsi dal suo lavoro, da quel guscio in cui spesso si chiudeva, allora diventava veramente adorabile, rideva alle mie imitazioni ed io ero un pò il suo giullare. Io gli facevo le imitazioni e lui si divertiva da matti, quando decideva di staccarsi dai suoi pensieri. M.T. – Ti ringrazio molto del prezioso quadro umano che ci hai fornito su tuo padre, Antonella. A.T. – Il mondo ha bisogno di un “clone” di mio padre, come sei Tu… M.T. – Dedico a Te e a Tuo padre le delicatissime ricerche SETI che sto facendo proprio adesso. Per concludere, è stato un grande riscontro sentire direttamente dalle parole della figlia, Antonella Todeschini, che cosa muoveva suo padre, lo scienziato Marco Todeschini, nelle sue ricerche. Come tutti gli scienziati illuminati, come Nikola Tesla, come David Bohm e pochi altri, Todeschini traeva energia da qualcosa che forse sta dentro di noi. E quell’energia così vicina alla Verità gli dava forza e tenacia nel proseguire nelle ricerche, ricerche che univano armoniosamente il “mondo esterno” come crediamo di conoscerlo, al “mondo interno” che abbiamo forse dimenticato. Basta solo saper aprire una porta, e quel mondo interno è sempre lì ad aspettarci. E’ solo conoscendo quel mondo che possiamo trovare la corretta chiave di lettura del mondo esterno, quello della materia. Altrimenti la nostra conoscenza della realtà rimarrà solo superficiale e frammentaria. Ma la via del genio non è una porta al nostro ego, è invece la porta che ci apre ad un Universo vastissimo in cui siamo tutti uniti. In questa luce i geni del passato non erano esplosioni del loro stesso ego, ma erano coloro che sapevano aprire porte affinchè tutti potessero entrare e vedere quella che è una realtà che tutti ci unisce anziché dividerci. Speriamo che l’umanità abbia la volontà di ricordare e di ascoltare. Alcuni scienziati anche ai giorni nostri sono pronti a fare il grande salto raccogliendo il messaggio di menti come quella di Marco Todeschini, fiduciosi nel potente apparato fisico-matematico che fa grande la nostra scienza, ma consci di essere fatti anche di spirito.
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