La religiosità per Albert Einstein
Irene Conti - 01/01/2016
Il primo centenario dalla scoperta della relatività generale è appena trascorso e a farne da coronamento ci ha pensato, lo scorso 11 febbraio, la squadra di ricercatori che è riuscita a captare il primo segnale delle onde gravitazionali.
Una scoperta eccitante che ha rinnovato l’interesse e la curiosità dell’opinione pubblica nei confronti del mondo della ricerca scientifica.
Parallelamente a questa scoperta è cresciuta una polemica diffusa, intercettata da Le Scienze che apre il numero di febbraio con un titolo altisonante “L’Era della disinformazione: come l’espansione dei social network favorisce la diffusione incontrollata di informazioni false e teorie del complotto”.
Sui Social è guerra: da una parte gli scettici chiudono drasticamente le porte al confronto con le prospettive delle scienze di frontiera, dall’altra, nei gruppi definiti “New Age”, circola un po’ di tutto, dalle miracolose e istantanee cure contro il cancro, a promozioni di corsi che in sole sei settimane promettono di trasformarti in Buddha.
Seguire un percorso spirituale significa certamente aprire la propria mente a nuove e più ampie prospettive riscoprendo il potere dell’intuizione e dell’immaginazione, ma non significa rinunciare al vaglio critico della ragione, perdendo qualsiasi contatto con il proprio raziocinio e con la propria capacità di discernimento.
D’altra parte, chiudere le porte a qualsivoglia tentativo di allargare i confini del pensiero, conducendo i temi della ricerca scientifica in territori meno noti e meno tecnici, è altrettanto rischioso e controproducente.
Albert Einstein parlava di un tipo di esperienza religiosa particolare, che forse può aiutare a trovare un terreno d’incontro tra lo scienziato più rigoroso e i movimenti di crescita spirituale di qualità.
Einstein chiamava questa esperienza “il sentimento religioso cosmico”, un sentimento che accomuna gli artisti e gli scienziati, una scintilla, un fuoco acceso, che ti fa restare fedele ai tuoi propositi e ai tuoi scopi per un’intera vita, malgrado i fallimenti.
I grandi spiriti religiosi di tutti i tempi come Democrito, Francesco d’Assisi e Spinoza, sono accomunati da questo sentimento che non è possibile spiegare a chi ne sia totalmente privo, poiché esso si desta da sé, di fronte alla “sublimità e all’ordine meraviglioso che si manifestano in natura e nel mondo del pensiero”. Da qui parte il desiderio “di indagare questo universo come un tutto unico e pieno di significato”.
Forse questo sentimento che scorre in sottofondo è proprio anche di chi fa scienza nel senso più sperimentale del termine, poiché è il fuoco stesso che tiene accesa la ricerca, la passione inesprimibile per la propria indagine, cioè che, in ultima analisi, conferisce senso e congruenza a tutta una vita. Questo è anche il sentimento che dovrebbe animare il risveglio di una Nuova Coscienza Globale, integrando il mondo del pensiero e quello della natura in quel “tutto unico e pieno di significato”, nell’auspicabile convergenza di scienza e spiritualità.