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Fisica Quantistica e Filosofia: l'universo interconnesso

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Lucio Giuliodori - 01/01/2016

Sono due le sconcertanti realtà che la fisica contemporanea sottopone all’attenzione dell’altrettanto sconcertato pensiero filosofico che vuole (deve) interrogarsi al riguardo: se noi interferiamo con delle particelle esse mutano. Non solo, quando esse mutano lo fanno non localmente, screditando tutte le concezioni della fisica classica riguardo allo spazio-tempo.
Il quantismo, prendendo atto dell’assurdo comportamento delle particelle, il quale è implicato dall’atto dell’osservatore, di fatto ripropone un’indissolubile intreccio (entanglement), di soggetto e oggetto e, dunque, di «mente» e «materia».
Quello che sappiamo prima della misurazione di una particella non è nient’altro che una nuvola di probabilità nella quale la particella potrebbe trovarsi.

Il potenziale quantico di Bhom
David Bohm volle trovare cosa guidasse questo comportamento duale e misterioso. Lo fece riformulando l’equazione di Schrödinger, che descrive il moto dell’elettrone, aggiungendovi un parametro fondamentale: il potenziale quantico. Il successo di questa intuizione risiede nel fatto che Bohm implicitamente introdusse il concetto di «sincronicità».
Secondo il fisico americano le particelle agiscono in sincrono con un potenziale quantico il quale, pur rimanendo invisibile e di fatto noumenicamente inconoscibile, guida e regola il comportamento delle particelle da un piano ulteriore o «parallelo». In questo quadro esplicativo il determinismo viene salvaguardato ma alla luce di un’ulteriorità del tutto inesplicabile meccanicisticamente.

«Qui c’è determinismo ma si tratta di un determinismo ben diverso da quello Newtoniano in cui le cause devono sempre precedere gli effetti: in questo contesto le cause e gli effetti coincidono, e il determinismo in oggetto non è un meccanismo a orologeria ma un ordine di sincronizzazione delle cose, molto simile a un organismo vivente in cui tutte le sue parti agiscono in perfetta sintonia e dove la forma è il carattere unificante di tutti gli elementi intimi che compongono l’universo».

Questa nuova visione del mondo implica inevitabili conseguenze filosofiche: «Il metodo matematico di indagine dei fenomeni fisici è e resta valido, ma a livelli profondi la mente del fisico è costretta ad aprire anche a nuovi orizzonti del pensiero che si riallacciano in parte alla filosofia Platonica e in parte alle religioni del mondo orientale». A tale proposito il celebre lavoro di Fritijof Capra Il Tao della Fisica resta un testo classico di riferimento per lo studioso interessato al suddetto legame nello specifico:

«Negli ultimi decenni, gli esperimenti di diffusione ad alta energia ci hanno rivelato nel modo più straordinario la natura dinamica e continuamente mutevole del mondo delle particelle; la materia si è dimostrata capace di trasformazione totale. Tutte le particelle possono essere trasformate in altre particelle, possono essere create dall’energia e possono scomparire in energia. In questo contesto, concetti classici come «particella elementare», «sostanza materiale» o «oggetto isolato», hanno perso il loro significato: l’intero universo appare come una rete dinamica di configurazioni di energia non separabili».
Un legame che ripropone una realtà non più duale ma interconnessa, armonicamente e sincronicamente:

«Una realtà che non può essere definita né soggettiva né oggettiva. Il mondo della materia e quello della mente sono talmente intrinsecamente interconnesse da formare un’unica totalità […]. Eppure questo concetto non è affatto nuovo, ma risale a duemila anni fa quando la tradizione Tantrica del mondo Indù postulava una simile filosofia. In base alla filosofia Tantrica, la realtà non è altro che un’illusione, quella illusione che viene chiamata “velo di maya”. Pertanto il principale errore che noi commettiamo nel non percepire questo velo illusorio è che noi percepiamo noi stessi come separati dal mondo che ci circonda. Questo è un regno in cui le leggi della fisica classica non valgono più, e rappresenta la meta ultima della fisica ma anche il maggiore scoglio: non si riescono ancora a trovare la metrica, il dominio geometrico e gli operatori matematici in grado di descriverlo formalmente».

L’impossibilità descrittiva da parte del modello matematico portò lo stesso Bohm nell’ultima parte della sua vita ad interessarsi quasi esclusivamente ai risvolti filosofici delle sue scoperte. L’avvicinamento a Krishnamurti non fece che incrementare questa sua attitudine marcatamente filosofica, inaccettabile per il mondo accademico a lui vicino, il quale rimasto saldamente ancorato alla visione newtoniana del reale, non poteva certo accettare un connubio fisica-filosofia o addirittura fisica-misticismo.
Secondo la concezione bohomiana le particelle non comunicano tra loro ad una super velocità addirittura superiore a quella della luce, semplicemente «non sono mai mosse», non si separano mai, non hanno bisogno di spostarsi per raggiungersi, sono già raggiunte. Lo scienziato trasla questa evidenza dal mondo microscopico a quello macroscopico: gli stessi individui non sono entità separate ma estensioni di un’unica realtà fondamentale, come tante punte di un iceberg sommerso, che esteriormente sembrano separate ma in profondità sono saldamente connesse, anche se ciò risulta invisibile – per lo meno all’occhio meccanicista-newtoniano.

 

Nell'articolo integrale si parla di: 

  • ordine implicito
  • campo del punto zero
  • vuoto quantistico
  • teorie del tutto
  • come i concetti della fisica quantistica incidono sulla nostra visione e percezione del reale

 


Lucio Giuliodori
Classe 1974 è laureato e dottorato in Filosofia. Tra i suoi ambiti di ricerca e studio, il surrealismo in arte e letteratura, la filosofia della... Leggi la biografia
Classe 1974 è laureato e dottorato in Filosofia. Tra i suoi ambiti di ricerca e studio, il surrealismo in arte e letteratura, la filosofia della scienza, l'esoterismo.È professore Associato di lingua e cultura italiana all'Università Pedagogica Statale di Mosca. Leggi la biografia

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