Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Blog / Consapevolezza

LO CHIAMANO l'UOMO più FELICE


Daniela Muggia - 01/01/2016


Matthieu Ricard, scienziato occidentale diventato monaco buddhista, è coautore, insieme a Trinh Xuan Thuan, buddhista orientale diventato astrofisico di fama mondiale (conosciuto per i suoi studi sulla formazione delle galassie e sulla sintesi degli elementi luminosi nel Big bang), di un libro in cui si confrontano la scienza toutcourt e la scienza contemplativa, scoprendo molte più similitudini di quante ci si aspetterebbe. Si tratta di Dal Big bang all'Illuminazione (Amrita, Torino, 2009) da cui proviene l'estratto che segue, nella forma di una sorta di intervista reciproca fra i due Autori in cui si approfondiscono alcuni dei temi trattati nel video L'uomo più felice del Mondo, e in particolare l'interrogativo circa il valore propriamente scientifico della cosiddetta “scienza contemplativa”, per usare un termine caro a Ricard; ne emerge il rapporto affascinante fra la scienza e la spiritualità, che rischiarano entrambe la vita degli uomini: il loro non è più un dialogo tra sordi. I meditanti esperti entrano come cavie nei laboratori dei neuroscienziati, e il buddhismo si confronta apertamente con la scienza che spesso sembra esso abbia anticipato di 2500 anni...

In cosa differisce l'approccio razionale e analitico della scienza dai metodi della scienza contemplativa buddhista?

THUAN: Parli spesso del buddhismo in termini di “scienza contemplativa”; le scoperte scientifiche, però sono fondamentalmente dovute alla formulazione di una teoria fondata sull'analisi, che poi viene sottoposta a una verifica sperimentale. Certamente la scienza contemplativa mira anch'essa alla conoscenza, ma si tratta del medesimo concetto di conoscenza? È della stessa natura di una conoscenza razionale? Il contemplativo non deve forse abbandonare il processo analitico e ridurre il pensiero al silenzio per poter cogliere la visione buddhista della realtà?

MATTHIEU: In base ai trattati buddhisti, il termine “logica” (pramana in sanscrito) significa “conoscenza valida”. La logica fa parte di quasi tutti gli aspetti della conoscenza, ivi comprese la scienza e la contemplazione, ma i buddhisti operano una distinzione fra conoscenza valida “convenzionale” e conoscenza valida ultima, o assoluta. La prima ci informa circa l'apparenza delle cose (e ci consente di distinguere uno specchio d'acqua da un miraggio, una corda da un serpente), ma soltanto la seconda ci permette di cogliere la natura assoluta dei fenomeni (la vacuità, l'assenza di un'esistenza autonoma, in sé). Sono entrambe valide nel loro rispettivo registro.

La logica e la ragione vengono usate nella meditazione analitica, quando osserviamo il funzionamento dei pensieri ed esaminiamo i meccanismi della felicità e della sofferenza. Si tratta di esaminare il modo in cui funziona la mente, per esempio come procede per percepire una cosa ed elaborarne un'immagine mentale. Cerchiamo anche di scoprire i processi mentali che fa
voriscono la pace interiore, quelli che ci aprono di più agli altri, e quelli che hanno invece un effetto distruttivo. Questa analisi ci conduce a capire come i pensieri si concatenino tra loro, finendo per incatenare noi.

A mano a mano che la meditazione ci inculca delle qualità come la bontà e la compassione, il ragionamento, unito all'esperienza, ci apre gli occhi, per esempio, sulle conseguenze nefaste dell'odio e sui vantaggi della pazienza nella vita quotidiana. Addestrarsi a coltivare le emozioni e i modi di pensare che conducono a un'autentica felicità, e liberarsi dai fattori mentali che inve¬ce ostacolano questa ricerca, trasforma gradualmente il flusso dei nostri pensieri e, alla fine, il nostro temperamento. Amore e pazienza non sono stati d'animo “positivi” per definizione aprioristica o per decreto divino, ma perché sono cause reali della nostra felicità e di quella altrui.

T. - La conoscenza che caratterizza lo stato di Illuminazione è superiore rispetto alla conoscenza razionale o scientifica?

M. - C'è parecchia differenza fra l'Illuminazione e la conoscenza ordinaria. Per cominciare, l'Illuminazione non è solo conoscenza della realtà apparente, ma conoscenza della sua natura essenziale. Scompare l'ingannevole dualità di soggetto e oggetto, e l'intelletto raziocinante lascia il posto a una coscienza diretta, chiara e illuminata che si fonde con la natura assoluta delle cose tanto da diventare una con essa. Lungi dall'essere illogico, questo tipo di conoscenza si regge su una logica perfetta, fondata sulla comprensione della vacuità, che trascende la logica convenzionale del pensiero lineare.

T. - Possiamo descriverla come una conoscenza “intuitiva” o “mistica”?

M. - Termini come “intuitivo” e “mistico” si prestano a confusione. Se, per intuizione, intendiamo una forma di conoscenza diretta e non mediata, allora non siamo lontani; ma se per intuizione intendiamo una vaga sensazione di qualcosa di inverificabile, un'impressione nebulosa sorta dal subconscio, allora questa definizione si attaglia solo all'illusorietà del nostro solito pensiero ordinario. Più che descrivere il pensiero illuminato come “mistico”, i buddhisti preferiscono dire che è il prodotto di un'unione intima, non duale, con la natura della mente, che è chiara, luminosa e libera da concetti.

Certamente è possibile avere, mentre si pratica la meditazione, quelle che potremmo chiamare “esperienze mistiche”; ma bisogna diffidare di questi eventi passeggeri.

Se non migliorano la comprensione della natura ultima della mente, più che illuminanti si rivelano confusive. Invece di restare in agguato dell'estasi o di sprofondare in una quiete passiva, è meglio spingere all'estremo la meditazione analitica, e poi lasciare che la mente dimori, al di là dei concetti, in uno stato di luminosa semplicità.

Allora la realizzazione della natura assoluta della mente diventa vasta, profonda e immutabile. Si risale alla fonte stessa dei pensieri, e si osserva che cosa rimane quando questi scompaiono: questo stato è, per sua natura, indescrivibile, ma non nel senso di troppo oscuro per essere descritto; anche se le parole qui sono impotenti, come se tentassimo di spiegare a un cieco il colore, per un meditante esperto non vi è nulla di più chiaro della pura consapevolezza di una mente libera dal pensiero concettuale.


I limiti della logica e del pensiero discorsivo, fondamenti della scienza

T. - Lo straordinario teorema di Gödel ha effettivamente dimostrato che c'è un limite naturale nella conoscenza scientifica; per trascendere questo limite, credo che dovremo fare appello ad altri approcci conoscitivi, come quello che il buddhismo insegna.

M. - È un punto essenziale, questo, perché i nostri contemporanei si so¬no fatti un'immagine quasi mistica del potere della scienza; si immaginano che un giorno potrà rispondere a tutti i nostri interrogativi, ma non è affatto così: ciò che comunemente chiamiamo “scienza” è incapace di descrivere buona parte di ciò che esperiamo.

T. - Va anche detto che la scienza non è poi così obiettiva nell'analisi quanto la descrizione ideale del metodo scientifico potrebbe lasciarci credere. Per cominciare, nell'interpretare i risultati lo scienziato è influenzato dalla sua formazione professionale, dall'apprendistato a fianco dei suoi maestri, dalle interazioni con i colleghi, dalla lettura delle opere pubblicate, e, una volta realizzate le osservazioni e gli esperimenti, l'analisi e l'interpretazione avvengono alla luce dell'universo interiore, fatto di concetti e di teorie, proprio di ogni scienziato.

Ad esempio, l'astrofisico farà appello a una teoria della formazione delle galassie, mentre il suo collega, che è un fisico, si riferirà a una teoria delle forze nucleari. Aderire a una teoria piuttosto che a un'altra a volte è un'operazione in cui intervengono dei preconcetti: il ricercatore può essere influenzato dalle opinioni dei suoi maestri o dei suoi colleghi (quella che viene chiamata una “scuola” scientifica), oppure, peggio ancora, da fenomeni di moda. Nella scienza, come in tutti gli altri campi, bisogna effettivamente diffidare delle mode: una teoria che riscuote il consenso della maggioranza non è necessariamente quella giusta. Molti dei suoi fautori non l'hanno esaminata con spirito critico, ma l'adottano per conformismo, per inerzia intellettuale, o magari perché quella teoria è difesa da qualche capofila particolarmente eloquente o influente.

Lo scienziato non può osservare la natura in modo perfettamente oggettivo; Einstein scrive: «I concetti fisici sono libere creazioni della mente umana e, anche se paiono essere determinati unicamente dal mondo esterno, non lo sono. I nostri sforzi per cogliere la realtà sembrano quelli di un uomo che cerca di comprendere il meccanismo di un orologio chiuso. Vede il quadrante e le lancette che si muovono, lo sente anche ticchettare, ma non ha alcun mezzo per aprire la cassa.

Se è ingegnoso, si forma l'immagine di un meccanismo che dovrebbe essere responsabile di tutto ciò che egli osserva, ma non potrà mai essere certo che la sua immagine sia l'unica capace di spiegare le sue os¬servazioni. Non potrà mai comparare il suo modello con il meccanismo reale, e neppure può immaginare la possibilità che questo paragone abbia un senso».

Quando vengono avanzate diverse teorie plausibili ma incompatibili per spiegare uno stesso fenomeno, la scelta è speso determinata dal punto di vi¬sta. Così, a causa del suo attaccamento per il realismo, Einstein non riuscì mai ad accettare la descrizione probabilistica della realtà atomica e subatomi¬ca presentata dalla meccanica quantistica: passò lunghi anni nel vano tentativo di scovare una falla nella logica della teoria dei quanti, e di conseguenza si allontanò dalla fisica delle particelle, manifestando un interesse limitato per le grandi scoperte che rivoluzionarono questo campo negli anni Cinquanta.

M. - Le teorie scientifiche sono anche profondamente influenzate dai punti di vista metafisici degli scienziati: i ricercatori occidentali tendono a credere che esista una realtà solida dietro il velo delle apparenze, mentre i ricercatori che sono stati immersi nella cultura orientale hanno minori difficoltà a mettere in discussione la solidità del mondo reale; sono più aperti all'idea di interdipendenza. Gli scienziati ereditano dunque le modalità di pensiero dalla cultura in cui sono cresciuti.

Alan Wallace, filosofo della scienza e traduttore di testi buddhisti, osserva in proposito: «Comparando tra loro teorie disparate, tutte ugualmente capaci di descrivere un determinato insieme di dati sperimentali e di condurre a identiche previsioni, si rischia di scoraggiarsi e di passare ad altro. Si può persino dare per scontato che una sola di queste teorie (oppure una teoria che ancora rimane da enunciare) descriva la realtà fisica […].

Credere che esista una realtà fisica oggettiva che possa infine essere rappresentata da una e una sola teoria fa parte di un'ipotesi metafisica oggi difesa da molti scienziati […]. Se comunemente coesistono, nella fisica, parecchie teorie incompatibili a proposito degli stessi fenomeni, che cosa può insegnarci la scienza sulla natura dell'universo oggettivo?

Sembra proprio che la fisica, in quanto tale, abbia la missione di presentare un ventaglio di opzioni, e che poi, ciascuno si sceglierà quella che gli pare più realistica in funzione delle proprie preferenze metafisiche! […] Si può limitare il numero delle teorie possibili che rendono conto di uno stesso insieme di prove? Ma chi potrebbe fissare un limite alla creatività dell'immaginazione umana, o alle teorie che vanno al di là della nostra immaginazione? […]

Se, in fin dei conti, è per ragioni metafisiche che scegliamo di attenerci a una data spiegazione dell'Universo piuttosto che a un'altra, perché limitare la scelta solo alle possibilità prospettate dalla scienza?»

Daniela Muggia: http://www.tonglen.it

clicca sotto la simpatica prima parte di una ripresa a un discorso di M. Ricard...



Potrebbero interessarti altri articoli del blog



Abc della Salute Naturale
Omaggio Abc della Salute Naturale

Iscriviti a My Macro e ricevi questo omaggio!

Voglio ricevere Abc della Salute Naturale

Iscriviti alla newsletter. Per te subito in REGALO:
Abc della Salute Naturale