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Bosone di Higgs 2.0


Fausto Bersani Greggio - 01/01/2016

Giugno 2015 rappresenta l’inizio di una nuova era per il Bosone di Higgs. Al CERN di Ginevra gli esperimenti nell’acceleratore LHC (Large Hadron Collider) cominciano ufficialmente a raccogliere, per la prima volta, collisioni ad un’energia di 13 TeV (13000 miliardi di elettronVolt).
Dopo un periodo di prova, con fasci “pilota” costituiti da un numero limitato di pacchetti di protoni, inizia l’acquisizione di dati ad alta intensità.
Ad ottobre 2015 vengono pubblicati alcuni risultati in cui, accanto a segnali noti, come il picco a circa 125 GeV (125 miliardi di eV), identificato nel 2012 come il primo segnale del bosone di Higgs, si può notare un’altro picco (v. fig.1) che emerge dal rumore di fondo [1].
Si potrebbe speculare sul fatto che i dati raccolti possano aver rivelato l’esistenza di un secondo bosone di Higgs avente una massa di circa 145 GeV.

 
fig.1

Il bosone in questo caso viene identificato dal suo decadimento in due bosoni Z che, a loro volta, decadono in quattro leptoni (H ⇒ ZZ ⇒ 4 leptoni).
Innanzi tutto bisogna premettere che per poter dichiarare di aver osservato una nuova particella si considerano solo segnali che possono verificarsi per mezzo di una fluttuazione statistica del fondo con una probabilità infinitesima (meno di 3 casi su 10 milioni). Si parla ovviamente di eventi molto rari: in pratica si genera qualcosa come un bosone di Higgs ogni 1000 miliardi di urti!
Questo risultato, se confermato, traccerebbe una linea di continuità con una mia precedente pubblicazione, apparsa su questa stessa rivista, nella quale presentai l’andamento delle costanti di accoppiamento delle quattro interazioni fondamentali in funzione dell’energia [2].
Cerchiamo di procedere con ordine: l’obiettivo principale dei fisici è sempre stato quello di trattare il maggior numero possibile di fenomeni attraverso il minor numero possibile di teorie generali, tendendo verso uno schema di unificazione che sia in grado di risalire all’origine dell’Universo attraverso un’unica forza.
Tale convincimento nasce dalla constatazione che nella storia della fisica abbiamo già assistito, in passato, a diversi importanti esempi di unificazione che consentono di sperare in ulteriori operazioni di sintesi.

 
fig.2

Per avere un’idea dell’ordine di grandezza delle energie a cui avvengono le unificazioni delle interazioni, partendo dalle espressioni specifiche delle singole costanti, si può, ad esempio, rappresentare in un grafico proprio l’andamento delle “running constants” alla ricerca di eventuali intersezioni (v. fig.2). Queste sono caratterizzate da specifici valori di energia a cui corrispondono altrettanti gruppi di particelle note con il nome di bosoni, in altri termini i mediatori dei vari campi di forze.

Nell’articolo precedente feci notare come il valore dell’energia trovata in corrispondenza di una determinata intersezione corrisponda alla media dei valori minimi teorici previsti per il gruppo di bosoni che interviene in quel determinato processo di unificazione.
In particolare a circa 50 GeV si ritova la massa media minima del tripletto di bosoni W+, W-, Z0 scoperti da Carlo Rubbia e Symon van der Meer nel 1983 (unificazione elettrodebole), mentre a 10^15 GeV corrisponde la massa minima per i bosoni X e Y (non ancora trovati ed ipotizzati nell’ambito della cosiddetta Teoria di Grande Unificazione o GUT, ossia l’unificazione della forza elettrodebole con la forza nucleare forte).
A 10^18 GeV si incontra il valore minimo teorico per l’unificazione con l’interazione gravitazionale (TOE, Theory Of Everything) prevista all’epoca di Planck (10-44 sec dopo il big – bang), limite estremo sull’attuale nostra capacità di sviluppare ipotesi.

Infine avevo sottolineato anche la presenza di un’ulteriore intersezione a circa a 128 GeV, valore assai prossimo al bosone di Higgs trovato nel 2012, anche se leggermente superiore. Al contrario delle masse dei bosoni W e Z, la massa del bosone H non è fissata dalla teoria e rappresenta un parametro libero del modello.
Se confidiamo nel fatto che il nostro grafico continui a fornirci indicazioni circa il limite inferiore teorico delle energie a cui compaiono i bosoni caratteristici dei processi di unificazione, posto che un bosone di Higgs è già stato identificato a circa 125 GeV, un valore minimo di 128 GeV suggerisce l’idea che esista un multipletto di bosoni di Higgs, possibilità tutt’altro che remota [3], con valore medio, minimo, corrispondente a 128 GeV.

Molto popolare nell’ambito della comunità dei fisici delle particelle, in quanto tenta di assemblare i vari tasselli del modello standard, la Supersimmetria predice l’esistenza di una particella partner più pesante, detta “sparticella”, per ciascuna particella elementare nota. Ad esempio, le superparticelle dei quark si chiamano “squark” e per Higgs abbiamo gli “Higgsini”. Questo modello prevede quattro tipi di particelle di Higgs.

L’alternativa teorica che va di moda tra i fisici, e che predice l’esistenza di più bosoni Higgs, è chiamata “teoria della composizione”. Essa propone che il bosone di Higgs non sia una particella elementare bensì consista di particelle più piccole che non sono state ancora osservate.
La “teoria della composizione” predice che se esistono costituenti fondamentali che compongono il bosone di Higgs, esso potrebbe assumere una combinazione di masse basata sulle proprietà di queste particelle più piccole, e quindi presentarsi in più modalità.
In ogni caso la prudenza in queste circostanze è d’obbligo.

Peraltro, come già ebbi modo di sottolineare, seppur con tutte le necessarie e doverose precauzioni legate sia al metodo grafico che ho adottato, sia alla necessità di raccogliere al CERN una maggiore quantità di dati sperimentali, al fine di consolidare la statistica degli eventi, parrebbe alquanto bizzarro constatare che per tutte le interazioni analizzate nelle varie transizioni, le curve prese in esame in fig.2 ci consentano di ottenere, con estrema precisione, il valore minimo della massa dei bosoni coinvolti e perdano improvvisamente il loro significato nel solo caso del bosone di Higgs.
Non ci rimane altro che attendere.


Bibliografia:
[1] http://www.science20.com/a_quantum_diaries_survivor_/another_higgs_at_145_gev_158184
[2] L’unificazione delle forze ed il bosone di Higgs (Scienza e Conoscenza  – 17/01/2013)
[3] Leptoni e quark, L. B. Okun. Ed. Riuniti – Ed. Mir (1986).
[4] Nuclei e particelle, E. Segrè. Ed. Zanichelli (1982).
[5] Big Bang, Big Bounce, I. L. Rozental. Springer – Verlag (1984).
[6] Universo Inflazionario, A. Guth e P. Steinhardt in La Nuova Fisica, Bollati Boringhieri (1992)
[7] L’unificazione delle forze, F. Bersani Greggio. Didattica delle Scienze – (Aprile 2009) n. 261.
[8] http://ishtar.df.unibo.it/Uni/bo/ingegneria/all/semprini_cesari/stuff/homepage.htm – Lezioni di Fisica delle Particelle, C. Semprini (2011)
[9] Relatività e fisica delle particelle elementari, S. Bergia. Ed. Carrocci (2009).


Fausto Bersani Greggio
Laureato in Fisica presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi sulla quantizzazione del campo gravitazionale.Associato all'I.N.F.N.... Leggi la biografia
Laureato in Fisica presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi sulla quantizzazione del campo gravitazionale.Associato all'I.N.F.N. (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) dal 1995 al 2007 per collaborazioni ai progetti di ricerca degli esperimenti L.V.D. (Large Volume Detector) e O.P.E.R.A. (Oscillation Project with... Leggi la biografia

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