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Sole, Salute e Vitamina D


Richard Hobday - 01/01/2016

Tratto da Guarire con il Sole (Macro Edizioni, 2008)

C’è ancora molto da capire sugli effetti della radiazione solare sull’organismo umano ma le scoperte dei medici che l’hanno utilizzata come medicina ci danno almeno qualche indicazione su cosa fare e cosa non fare. Questi medici hanno utilizzato la luce solare per curare e guarire ferite di guerra e tubercolosi. I loro pazienti godevano di uno stato di salute miserevole ed erano estremamente sensibili alla luce solare; oggi poche persone si trovano in condizioni equiparabili alle loro. In ogni caso sembra ragionevole suggerire che per utilizzare in modo sicuro la luce solare oggi valgono gli stessi principi validi in epoche precedenti.
I punti principali dell’elioterapia, riassunti di seguito, forniscono un punto di partenza a chiunque voglia utilizzare l’elioterapia a scopo terapeutico. Nelle pagine che seguono vengono prese in esame alcune delle indicazioni pratiche più importanti: l’importanza del fattore latitudine, altitudine, ora del giorno, periodi diversi dell’anno, temperatura ambiente mentre si prende il sole e altro ancora.
Queste variabili incidono direttamente sul modo in cui il nostro organismo reagisce alla luce solare ed è bene familiarizzarsi con questi concetti. Una delle funzioni su cui maggiormente influiscono è la capacità della pelle di sintetizzare vitamina D.
Esporre l’intero corpo di un giovane adulto bianco a una dose di radiazioni ultraviolette (UV) di durata abbastanza lunga da causare un appena percepibile rossore della pelle ventiquattr’ore dopo l’esposizione (il che corrisponde nel linguaggio medico ufficiale a una dose minima eritematogena, ossia a un MED) può produrre l’equivalente di circa 10.000 UI di vitamina D, un quantitativo largamente in eccesso rispetto a quanto viene richiesto quotidianamente.
Ma è in ogni caso utile perché l’organismo umano così facendo immagazzina la vitamina D nei tessuti grassi e nel muscolo scheletrico, rendendola poi disponibile in quei periodi in cui la luce solare è troppo debole perché la sintesi della vitamina D avvenga ai giusti livelli.
Se il quantitativo minimo giornaliero dell’individuo medio su indicato è di 200 UI, allora il quantitativo minimo annuale di vitamina D è di circa 73.000 UI. Quindi, mettendo in conto che questo individuo normalmente produrrà un po’ meno vitamina D quando l’esposizione al sole è più moderata, diciamo 7.000 UI, avrebbe bisogno di 11 sessioni di esposizione per generare abbastanza vitamina D per coprire un anno. Ma non è così semplice. Per un verso la dose raccomandata giornaliera può andare bene se l’obiettivo è la prevenzione di rachitismo e osteomalacia.
Ma se l’obiettivo diventa la prevenzione del cancro alla pelle, oppure una ottimale struttura ossea, potrebbe essere necessario raddoppiare questo quantitativo. Nella pratica, quindi, arrivare a una cifra che indichi chiaramente il fabbisogno di esposizione solare per soddisfare le nostre richieste di vitamina D diventa piuttosto complicato, se non impossibile. Ancora di più se consideriamo che ognuno di noi ha una sua modalità di reazione alla luce solare.

 

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Come prendere il sole senza danni per la salute
• Programmate l’esposizione evitando di concentrare tutto in due o tre settimane dell’anno.
• Se andate all’estero in un clima più caldo o più freddo, prima di prendere il sole, per qualche giorno fate delle camminate all’aria aperta e fresca.
• Non arrostitevi: la temperatura dell’aria per abbronzarsi senza danni per la salute dovrebbe essere inferiore a 18 °C (o 64 °F).
• Il periodo più importante dell’anno per prendere il sole è in primavera e inizio estate.
• Il primo sole del mattino sembra sia particolarmente benefico. Appena dopo l’alba è l’ideale.
• Delle esposizioni frequenti e di breve durata sono da preferire a una prolungata esposizione.
• È essenziale esporsi all’intero spettro della luce solare, quindi è meglio non usare creme solari e simili.
• Un cappello vi aiuterà a proteggere la delicata pelle del vostro viso, collo e testa.
• Se siete sensibili alla luce solare cominciate a esporre al sole prima i piedi, poi le gambe e solo alla fine si possono esporre, con grande cautela, l’addome e il tronco.
• Se volete una vera e propria tintarella, bisogna prestare molta attenzione al modo in cui la tintarella si sviluppa gradualmente e, prima di esporre le parti più sensibili del corpo, calcolare il livello di tolleranza personale alla luce solare.
• Mangiate alimenti integrali, evitate quelli raffinati o troppo elaborati.
• Evitate di prendere l’argomento alla leggera e soprattutto non scottatevi.

 

Guarire con il Sole
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Come abbiamo già visto, le persone di origine asiatica e africana necessitano di una esposizione più lunga a causa del più alto contenuto di melanina della loro pelle. Una persona di pelle nera avrebbe bisogno dell’equivalente di sei MED di una persona di pelle bianca per generare la stessa quantità di vitamina D. Naturalmente, maggiore è la quantità di pelle esposta maggiore è la quantità di vitamina D sintetizzata. I padri dell’elioterapia normalmente esponevano gran parte del corpo mettendo in ombra la sottile e delicata pelle della testa e del collo, massimizzando quindi la quantità di pelle esposta al sole e proteggendo le aree maggiormente a rischio di invecchiamento accelerato e di carcinoma basocellulare e spinocellulare. Il volto, il collo e il petto sono da due a quattro volte più sensibili al sole rispetto agli arti, per questo il rischio di scottature è più alto.
Gli indumenti ostacolano o – a seconda del tipo di tessuto – impediscono in misura più o meno significativa la formazione di vitamina D. Alcuni test hanno dimostrato che la lana nera è molto efficace nel bloccare i raggi solari, fino a fermare più del 98% della radiazione incidente UVB che così non riesce ad attraversare la pelle. Il cotone bianco permette l’accesso del 50% circa ma, anche in questo caso, sarebbero necessari parecchi MED prima che la sintesi di vitamina D abbia luogo. Nell’indagine svolta a livello europeo sui livelli di vitamina D tra i settantenni, di cui abbiamo parlato nel Capitolo 3, i livelli più bassi furono riscontrati tra gli anziani nei paesi caldi del sud Europa. Indossare abiti per proteggersi dal sole – un’abitudine normale tra gli anziani nel sud Europa – era un forte predittore di deficienza di vitamina D. La stessa situazione si riscontra tra i beduini che vivono nel deserto del Negev. Gli indumenti rappresentano dunque una barriera efficace contro i raggi ultravioletti anche in climi con un’alta insolazione.

Vitamina D, salute e invecchiamento
Gli anziani e i giovani non tollerano il calore del sole, ma hanno la tendenza a cercarsi degli angolini caldi se se ne presenta l’occasione. Gli anziani avrebbero davvero bisogno di crescenti quantitativi di esposizione al sole a causa del fatto che la loro pelle perde la capacità di produrre vitamina D man mano che si invecchia. Lo spessore dell’epidermide declina con l’età ma anche la quantità del precursore della vitamina D – il 7-deidrocolesterolo – declina. Secondo alcune stime, intorno all’età di 70 anni, la capacità di produrre vitamina D si riduce del 30-50% di efficacia, rispetto a un ventenne. Di conseguenza, parlando in generale, per gli anziani sarebbe consigliabile trascorrere molto tempo all’aperto senza del resto esporsi al sole forte per evitare il rischio di infarto. Per bambini e adolescenti il fabbisogno di vitamina D è minore rispetto agli anziani e di conseguenza è minore anche il bisogno di esporsi al forte sole. Questo non significa che i bambini non debbano stare all’aperto, come suggeriscono alcuni esperti; significa solo che i genitori devono sorvegliarli con attenzione ed evitare che prendano troppo sole.
Un’altra caratteristica del processo di invecchiamento che condiziona i livelli di vitamina D è che il suo assorbimento dagli alimenti attraverso gli intestini diventa meno efficiente negli anziani. Tuttavia, la vitamina D attivata dalla luce solare è indipendente da qualsiasi problema di assorbimento per via intestinale e non presenta controindicazioni di sorta quanto a tossicità (a differenza degli alimenti). Per queste e altre ragioni, di cui abbiamo già detto, per gli anziani l’esposizione al sole è una opzione migliore rispetto ai supplementi orali.
Il modo in cui reagiamo al sole dipende molto dal nostro stato di salute. Una persona che non ha problemi di salute riesce a tollerare il sole molto meglio di una più o meno gravemente malata. Alcune malattie possono trarre grande beneficio da un’attenta esposizione al sole mentre per altre il sole è del tutto controindicato. Alcuni malati gravi devono essere tenuti nell’oscurità totale perché la loro malattia li rende intolleranti alla luce. Una persona che assume farmaci immunodepressivi dovrebbe usare molta cautela per quanto concerne l’esporsi al sole a causa dell’aumentata suscettibilità al cancro della pelle.
Farmaci come carbamezapina, fenitoina e rifampina indeboliscono l’attivazione della vitamina D o accelerano la sua eliminazione dall’organismo; malattie croniche del fegato e dei reni possono, inoltre, causare deficienza di vitamina D. Un altro elemento da tenere in attenta considerazione è che una pelle ben nutrita e sana risponde meglio alla luce solare rispetto a una pelle che presenta insufficienze di nutrienti o che contiene livelli anormalmente alti di grasso. Su questo argomento torneremo comunque alla fine di questo capitolo.

Tratto da Guarire con il Sole (Macro Edizioni, 2008)


Richard Hobday
Laureato in ingegneria, Richard Hobday si è specializzato nell’utilizzo dell’energia solare per l’efficienza energetica e per la... Leggi la biografia
Laureato in ingegneria, Richard Hobday si è specializzato nell’utilizzo dell’energia solare per l’efficienza energetica e per la progettazione di edifici. È ormai considerato un’autorità nel campo dell’elioterapia e delle complesse relazioni che legano luce solare, vitamina D e medicina. Leggi la biografia

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