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Cerchi nel grano: un fenomeno discutibile


Leonardo Dragoni - 01/01/2016
Cosa impedisce al mistero dei cerchi nel grano, qualunque esso sia, di svelarsi all’umanità?
Il primo intralcio è probabilmente costituito dalla perversa informazione che ripetutamente viene divulgata su questo fenomeno, da parte di ricercatori, riviste, siti web, documentari, quotidiani e giornalisti. L’intero sistema mediatico-divulgativo che ruota attorno a questo fenomeno sembra affetto da una cronica malattia, che di volta in volta si chiama superficialità, approssimazione, mistificazione, tornaconto, sensazionalismo. Pertanto a noi sembra che il primo imprescindibile passo da compiersi, sulla via della reale comprensione di questo fenomeno, sia la rimozione di queste inveterate patologie. Rimozione che inevitabilmente deve passare a monte attraverso un’approfondita e imparziale informazione, e una corretta divulgazione. Riteniamo che un fenomeno debba essere raccontato per quello che è, non per quello che vorremmo che fosse; e riteniamo che anche la comunicazione mediatica (come quella scientifica) debba sottostare a più ferree regole di sobrietà, da parte di tutti.
Spesso un fenomeno “misterioso” è tale perché presenta un insieme più o meno consistente di elementi insoliti o curiosi. Si chiamerebbe allora fenomeno “curioso”, se non fosse immancabilmente investito dalla disinformazione, da fantasiose speculazioni, o almeno dalla cronica latitanza di informazioni puntuali ed oggettive sullo stesso. È allora che il fenomeno curioso diviene misterioso.

La Verità sui Cerchi nel Grano
Il proliferare di ipotesi senza fondamento scientifico, né empirico, neppure logico, porta con sé un esponenziale incremento di illazioni, atte a loro volta ad accrescere superficialità e caos.

Parlando di cerchi nel grano, non c’è giornalista che non si incaponisca sui consueti luoghi comuni (vedi banali riferimenti al film “Signs”) per giungere con ogni probabilità a conclusioni sommarie basate su comode approssimazioni.
Questa mediocrità si riscontra a volte anche tra i ricercatori, che troppo spesso spingono le loro teorie alternative allo sbaraglio, forti di pezze d’appoggio che all’osservatore esperto non paiono consistenti.
In questa sede, queste annotazioni critiche rimarranno inevitabilmente involute. Possiamo però sollevare la problematica e fare degli esempi indicativi. Molti esperti ritengono infatti che la genuinità (= non convenzionalità) di un crop circle, sia determinabile in base a precisi riscontri e sintomi. Se ciò è condivisibile, lo è meno il modo improprio con cui vengo poi sviluppati e presentati questi riscontri, da parte di chi - speculando su questioni di lana caprina - intende promuoverli ad elementi cruciali e discriminanti. Ad esempio l’allungamento dei nodi apicali, o la presenza di cavità di espulsione sui nodi delle spighe interne ad un pittogramma, sarebbero tipici sintomi di un crop circle autentico, testimoniando il coinvolgimento del calore, sotto forma di irraggiamento a microonde, quale ultimo responsabile della creazione dei glifi. Secondo la letteratura prevalente questo irraggiamento viene imposto da misteriose sfere di luce (note come BOL, dall’inglese “Balls of Light”). La quantità di documentazione presentata da vari ricercatori ha finito per accreditare questa teoria agli occhi dei lettori meno scaltri. Tuttavia non è spiegato perché, se di forte irraggiamento trattasi (tanto da far bollire l’acqua all’interno degli steli provocando delle cavità) le piantagioni rimangano illese e le spighe rimangano in vita continuando a crescere. Esistono invece delle meno conosciute spiegazioni naturali per cui i nodi (soprattutto apicali) di una spiga allettata si gonfiano e piegano (tecnicamente ginocchiano) fino a rompersi (= cavità di espulsione, non di rado riscontrate anche in aree esterne alla formazione) e soprattutto si allungano. In agronomia questi fenomeni sono noti come “fototropismo” e “gravitropismo”, e non è affatto vero – come sostengono alcuni – che l’allungamento dovuto a fenomeni di tropismo (a differenza di quello dovuto a irraggiamento) sia quantitativamente ridotto ed avvenga in tempi medio-lunghi. È semmai l’irraggiamento a non causare allungamenti nodali, bensì il mero avvizzimento (fino alla morte) della pianta. Certo questi argomenti necessiterebbero di maggiori spiegazioni, ma come detto qui si voleva solamente sollevare un problema (uno dei tanti) che poi andrà approfondito e risolto altrove. Si dica però chiaramente che l’equazione irraggiamento = sfere di luce = alieni è una approssimazione risibile. Sarebbe confutabile sotto una dozzina di punti di vista, con una documentazione di spessore contenutistico assai meno claudicante di quella presentata dai fautori di tale ipotesi.
Di non difficile confutazione è anche l’argomento della complessità dei disegni (spesso ad alto contenuto simbolico), come pure il fatto che siano di dimensioni imponenti, o apprezzabili solo dall’alto. Lo stesso dicasi per l’argomento dell’ inaccessibilità ai campi sui quali vengono ritrovati, o quello delle leylines e del perfetto allineamento al Nord. La complessità infatti è spesso apparente, riproducibile dalla ripetizione sequenziale di forme semplici. Inoltre i circlemakers contemporanei sono artisti di buona levatura, organizzati e dotati di adeguata strumentazione, capaci di muoversi nella penombra e di realizzare formazioni complesse di dimensioni impressionanti. Non a caso il più grande crop circle che si conosca (530 x 450 metri) rappresenta la fusione tra l’uomo vitruviano e una farfalla, e fu realizzato in una sola notte dall’olandese Remko Delfgauw, coadiuvato da sessanta collaboratori. Ma già nel lontano 1992, allorché si tenne in Inghilterra il circle hoax contest (vinto da tre ingegneri che per appiattire il grano usarono un rullo di plastica e pvc) vennero realizzati in una nottata dei pittogrammi di grande impatto, che perfino la rivista “Science” definì eccezionali oltre le aspettative [Science 257 (July 24, 1992): 481].
Il contenuto simbolico dei disegni rappresentati nei crop circles del resto, altro non testimonia se non che il creatore dei glifi condivide con noi la medesima cultura. Riguardo il come accedere ad un campo di grano senza lasciare tracce ed impronte, è cosa che un circlemaker potrà illustrarvi ampiamente, fermo restando che chi vi scrive è riuscito nella stessa impresa senza utilizzare particolari accorgimenti se non un minimo di cautela. Che dire delle leylines? Ufficialmente la loro esistenza non è dimostrabile se non tramite le biforcute bacchette dei rabdomanti. Vale la pena ricordare allora che la rabdomanzia è una pratica divinatoria, priva di valenza scientifica. Inoltre il famoso Nord (magnetico) a cui sarebbero allineati alcuni glifi, viene spesso equivocato con il Nord geografico, e misurato in modo alquanto amatoriale. In ogni caso nulla impedirebbe ad un circlemaker di acquistare una bussola prima di recarsi sul posto di lavoro.
Analoghe confutazioni potremmo fare, se ne avessimo occasione, su altri elementi troppo facilmente promossi a dimostrazioni di genuinità-autenticità dei pittogrammi (germinazione delle sementi, anomalie elettromagnetiche, fulmini globulari, mosche e insetti stecchiti, ritrovamento di materiali insoliti ecc). Tutte anomalie (che tali non si dimostrerebbero se solo approfondissimo seriamente l’argomento) che distinguerebbero il vero crop circle dal falso. Invero a noi pare artificiosa anche questa distinzione, perché basata su documentazioni e procedimenti argomentativi inconsistenti e imprecisi. Ai nostri occhi tutti i cerchi nel grano sono autentici (nella misura in cui si palesano a noi), e tutti sono falsi (nella misura in cui sono opere umane, sostanzialmente di Land-Art). Certo è bene esser cauti. Esistono degli aspetti curiosi, di difficile interpretazione, sui quali siamo disposti a riflettere ed interrogarci, concedendo il beneficio del dubbio. Chiederemmo semmai che sull’altra sponda si agisse allo stesso modo, saggiamente evitando di far leva su questi aspetti per alimentare suggestioni e soffiare sul fuoco del “mistero a tutti i costi”. Esiste invece una generale tendenza, da parte di quelli che potremmo chiamare “credenti” (“croppie” o “believers”) ad accodarsi a qualsivoglia ipotesi e percorso argomentativo, purché escluda la matrice umana dei glifi. I sostenitori delle varie tesi non convenzionali guardano generalmente con benevolenza quelle altrui, in parte le recepiscono e in parte le integrano con le proprie. Questa, a ben vedere, è già di per sé una chiara ammissione di fragilità delle teorie non convenzionali, le quali hanno bisogno di riverberare le une con le altre per dare consistenza ad una misteriosità altrimenti poco credibile. Se viceversa una sola tra questi tesi fosse sufficientemente solida, non avrebbe bisogno di avvalersi delle altre. I crismi della solidità in effetti possono solo essere impressi dall’evidenza scientifica, che troppo spesso viene rilegata in secondo piano, o addirittura semplicisticamente tacciata di asservimento al potere (“cover-up”).
Leonardo Dragoni
Leonardo Dragoni, dottore in scienze politiche, ha conseguito due master in discipline umanistico-sociali. Da sempre appassionato del fenomeno dei... Leggi la biografia
Leonardo Dragoni, dottore in scienze politiche, ha conseguito due master in discipline umanistico-sociali. Da sempre appassionato del fenomeno dei cerchi nel grano, nel 2005 ha fondato (e tutt'ora dirige) il sito cropfiles.it, specializzato sul tema dei cerchi nel grano e punto di riferimento per la casistica di tutti i crop circles italiani... Leggi la biografia

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