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Universo e Multiverso

Astronomia e Astrofisica

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Distanze, grandezze, costanti: l’astronomo Corrado Ruscica ci parla del nostro Universo e dell’affascinante teoria del “Multiverso”


Corrado Ruscica - 10/11/2019

Nonostante l’astronomia sia stata fondamentale nell’antichità per la costruzione di calendari e la navigazione, essa rimane sempre la scienza dei numeri o meglio dei grandi numeri. Di fatto, per gli antichi l’osservazione del cielo aveva la funzione di un gigantesco orologio sopra le teste, mediante il quale era possibile prevedere, in qualche modo, il movimento e la posizione degli astri. Tra tutti i popoli dell’antichità i Greci avevano già ottenuto risultati alquanto dettagliati, almeno per l’epoca. Di fatto, grazie allo studio delle ombre proiettate dagli oggetti, i greci avevano determinato la curvatura della superficie terrestre che aveva permesso successivamente di ricavare, con un’accuratezza incredibile dell’ordine del 10%, le dimensioni della Terra, già più di 2.000 anni fa. Insomma, gli antichi Greci non erano del tutto ignoranti se pensiamo che essi avevano potuto trovare, con una approssimazione grossolana, anche le distanze tra la Terra e la Luna e tra la Terra e il Sole.


Oggi, per misurare queste enormi distanze gli astronomi moderni utilizzano una sorta di “metro cosmico”, cioè il tempo che impiega la luce a propagarsi nello spazio per raggiungere gli strumenti a Terra (ricordiamo che la velocità della luce è pari a circa 300 mila chilometri al secondo e che in 1 anno essa percorre una distanza di circa 9 mila miliardi di chilometri). Dunque, se utilizziamo il linguaggio degli astronomi si dice che il Sole si trova a circa 8 minuti-luce mentre la stella più vicina, Proxima Centauri, dista appena 4 anni-luce, una distanza che con l'attuale tecnologia sarebbe percorsa in circa 25 mila anni. Inoltre, il Sistema Solare che risiede in uno dei bracci a spirale della Via Lattea è situato a circa 30 mila anni-luce dal nucleo centrale e per percorrere da un estremo all’altro l’intera Galassia la luce impiega circa 100 mila anni.
Ma per dare un’idea di quanto estremamente grandi sono le distanze astronomiche facciamo quest'altro esempio: riducendo la Terra al diametro di una moneta da 1 centesimo, Giove si troverebbe a circa 300 metri, Plutone a circa 2,5 chilometri mentre per raggiungere la stella più vicina dovremmo percorrere una distanza di circa 15 mila chilometri.

Uno sguardo d'insieme

Se fossimo in grado per un istante di osservare l'intero Universo, potremmo riassumere la cosmologia nei seguenti tre punti:

  1. lo spazio ed il tempo, assieme alla materia e all'energia, si sono originati da una grande esplosione iniziale, il Big Bang, circa 13,7 miliardi di anni fa quando l'Universo è passato dalle dimensioni di 1 centimetro a quelle attuali, attraverso una fase di rapida espansione esponenziale, l'inflazione, che ha determinato un aumento del volume dello spazio di un fattore dell’ordine di 100 mila miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte superiore in una piccolissima frazione di tempo durata circa un centimillesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo;
  2. il contenuto di materia-energia dell’Universo è rappresentato dal 73% circa di energia scura, dal 23% di materia scura e solo il 4% è costituito dalla materia ordinaria, cioè quella materia visibile formata principalmente dalle stelle e dalle galassie, così come è stato confermato dalla recente missione del satellite WMAP;
  3. che il numero stimato delle galassie presenti nell’Universo è dell’ordine di 100-150 miliardi, o forse più secondo quanto viene suggerito dalle recenti osservazioni condotte con il telescopio spaziale Hubble, e che ogni galassia contiene mediamente da circa 100 a 400 miliardi di stelle.

Ma le galassie possono avere forme e dimensioni diverse, dalle più piccole, dette galassie nane, che contengono poche decine di milioni di stelle, a quelle super giganti in cui si stima che possono esistere, forse, fino a mille miliardi di stelle. Le stelle possono avere masse comprese tra circa un decimo e duecento masse solari (gli astronomi usano come massa di riferimento quella del Sole): gli oggetti che hanno masse inferiori a una massa solare sono chiamati nane brune, ossia corpi celesti che si trovano a metà strada tra le stelle e i pianeti, mentre pare che non esistano corpi celesti con masse al di sopra di 200 masse solari. Vi siete mai domandati qual'è la stella più grande dell'Universo?

Di recente, gli astronomi hanno individuato nella costellazione del Cane Maggiore l'oggetto VY Canis Majoris (VY CMa) una stella ipergigante, situata ad una distanza di circa 5.000 anni-luce, che con un diametro pari a 2.600 raggi solari (1 raggio solare è pari a circa 700 milioni di metri) rappresenta attualmente la stella più grande che conosciamo e una tra le più luminose. Per dare un'idea delle sue dimensioni, immaginiamo di essere su un aereo e di sorvolare la stella procedendo con una velocità di 900 Km/h: per percorrere un giro completo dovremmo impiegare più di 1.000 anni per ritornare al punto di partenza. E dei pianeti cosa ne resta? Uno degli obiettivi della ricerca spaziale riguarda proprio la scoperta di pianeti simili alla Terra. Al momento si conoscono più di 2.000 corpi celesti candidati pianeti mentre oltre 700 sono stati confermati come veri e propri pianeti.

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Tuttavia, dobbiamo dire che la maggior parte di essi sono pianeti giganti gassosi (pianeti giovani) o ghiacciati, mentre altri hanno masse e dimensioni alcune volte superiori rispetto a quelle del nostro pianeta (super-terre) e spesso si trovano molto vicini al proprio Sole. Grazie alla missione del satellite Kepler, la sfida dei ricercatori è comunque quella di individuare decine di pianeti simili alla Terra che abbiano dimensioni fino a circa due volte quelle del nostro pianeta e che si trovino nella cosiddetta zona abitabile, dove cioè l'acqua esiste allo stato liquido e dove si possano sviluppare eventuali forme di vita. Il passo successivo sarà poi quello di chiedersi quanti pianeti che ospitano civiltà intelligenti esistono nella Via Lattea. Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricorrere alla ben nota equazione di Drake che prevede, secondo una ipotesi ottimistica, almeno 5.000 civiltà intelligenti. Ma fin dove possiamo spingerci con le osservazioni? In realtà, l'orizzonte cosmico, cioè la superficie della sfera celeste che teoricamente siamo in grado ancora di osservare, non si trova a 13,7 miliardi di anni-luce di distanza. Di fatto, nel corso del tempo, la distanza effettiva di questo orizzonte è diventata molto più grande per cui il suo bordo ha continuato ad espandersi arrivando oggi a circa 47 miliardi di anni-luce. Dunque, assumendo che la superficie del nostro orizzonte cosmico sia una sfera, il diametro del nostro Universo osservabile ha una estensione di circa 94 miliardi di anni-luce e quindi il suo volume stimato diventa di 5 milioni di miliardi di miliardi di miliardi di anni-luce cubici.

Universo e Multiverso

Uno degli enigmi dell’astrofisica moderna è quello di capire come mai le costanti della natura, cioè quei valori che esprimono l’intensità della forza gravitazionale o di quella elettromagnetica, o ancora i valori della velocità della luce, della costante di Planck, della massa delle particelle e così via siano definiti da particolari numeri. Ad esempio, se la costante di gravitazione universale fosse più piccola, la forza di gravità risulterebbe più debole e di conseguenza tutte le strutture cosmiche sarebbero compromesse, rendendo l’Universo uno spazio sempre più vuoto. Insomma, pare che esista una sorta di “ricetta cosmica” il cui prodotto finale, cioè l’Universo, dipenda dalla combinazione e dalla relazione che esiste tra questi valori: in altre parole, se uno di questi valori non dovesse essere “sintonizzato” nella giusta frequenza, per usare un esempio radiofonico, l’Universo non esisterebbe così come lo conosciamo.

 

Per tentare di risolvere questo enigma, i teorici hanno introdotto due ipotesi. Una è si basa sulla matematica e suggerisce il fatto che il valore che assumono le costanti della natura sia fissato, per così dire, da una teoria più profonda, forse data dalla presunta teoria delle stringhe, che sia in grado di imporre un solo valore possibile per ciascuna costante. L’altra ipotesi si basa, invece, su una spiegazione di tipo antropico. I valori delle costanti potrebbero essere completamente casuali, perciò se essi fossero diversi da quelli che noi misuriamo il nostro Universo potrebbe non esistere. Una tale idea porta all’esistenza di un processo fisico che permette di generare una serie infinita di universi ognuno dei quali è caratterizzato da un determinato valore delle costanti e da leggi fisiche proprie.

Questo nuovo concetto noto come Multiverso è contemplato da alcune versioni della teoria delle stringhe, ma anche da alcuni modelli cosmologici che rientrano nell'ambito della cosiddetta inflazione caotica, in cui ogni universo emerge da una “bolla inflazionistica” che si origina da fluttuazioni quantistiche casuali all’interno di un universo che si è formato in precedenza. Insomma, pare proprio che i valori delle costanti della natura racchiudano una sorta di “codice cosmico” con tutti i suoi segreti e ne definiscano la sua essenza più profonda. In definitiva, se una di loro fosse leggermente diversa, l’Universo potrebbe assumere un altro aspetto fisico.


Corrado Ruscica
Laureatosi in Astronomia all'Università di Bologna, ha vinto successivamente la borsa di studio per il dottorato di ricerca in Astronomia presso... Leggi la biografia
Laureatosi in Astronomia all'Università di Bologna, ha vinto successivamente la borsa di studio per il dottorato di ricerca in Astronomia presso l'Università di Milano. Si occupa di divulgazione scientifica e cura il blog AstronomicaMens (http://astronomicamens.wordpress.com), in cui vengono trattati argomenti di cosmologia, astrofisica,... Leggi la biografia

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