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Quello strano magnetismo

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Mariateresa De Pascale - 01/01/2016
Mater certa est! Siamo figli della Terra, ne più ne meno di batteri, molluschi, piante e insetti. Quando pensiamo di poter dominare la natura ecco che la verità emerge  prepotentemente proprio attraverso la scienza che doveva elevarci ad esseri superiori.
In epoca di catastrofi e stravolgimenti climatici, mentre pace e benessere sembrano allontanarsi, e le leggi dell’universo sono ancora un mistero, ataviche paure e antiche credenze prendono nuovamente piede e ci chiediamo cos’è la vita sperando ancora in un destino privilegiato.
Le apparecchiature elettroniche invadono e condizionano ormai la nostra vita, ma se da un lato sembrano renderla più piacevole, dall’altro sono fonte di un pesante inquinamento elettromagnetico. Ma l’elettromagnetismo è entrato nella nostra vita molto prima dell’era tecnologica.
La vita e l’evoluzione delle specie sono state permesse da un lunghissimo periodo di stabilità del campo magnetico terrestre che dura ancora oggi, e che si teme stia per finire.

Il primo a parlare di magnetismo animale fu Mesmer nel 1775, ma non ebbe molto seguito, gli esperimenti furono condotti per lo più sulle piante, lungi dall’essere considerate vive. In epoca moderna, grazie a nuove tecnologie, si sono accumulati dati circa la presenza in molte specie di esseri viventi di cristalli di magnetite, lo stesso materiale di cui è fatto l’ago della cara vecchia bussola, un materiale (Fe3O4) presente in natura negli strati profondi di roccia terrestre, dove il suo orientamento secondo la direzione del campo magnetico, ha permesso di ricostruire la storia ballerina dello stesso, con inversioni piuttosto frequenti nel passato geologico. Per la prima volta questi cristalli sono stati osservati in batteri che vivono ad elevate profondità, dove la magnetite abbonda ed essi potevano prelevarlo. Tuttavia l’organizzazione dei cristalli, in strutture lineari, era assai più complessa e un milione di volte più sensibile di quelli che si formano sotto l’azione di pressione e temperature elevatissime, anche per dei superbatteri. Pertanto la formazione di queste minibussole deve essere dovuta ad un processo ben controllato, insomma ”voluto” per necessità adattativa, onde evitare di finire in ambienti troppo inospitali, confondendo l’alto col basso e il nord con il sud.
Finché si tratta di batteri, lo sappiamo ormai, tutto è possibile, ma poi si è  scoperto che anche pesci, uccelli, anfibi e insetti sono dotati di bussola, a base di cristalli di magnetite, fornita in dotazione direttamente da madre natura.
Si immagina che funzionino come sensori del debole campo magnetico terrestre, il che nel caso di specie migratorie risulterebbe utile all’orientamento quando il sole non c’è o è al crepuscolo. Questa l’ipotesi che è stata fatta per i piccioni viaggiatori, dal becco sensibile. Anche alcune formiche brasiliane (Pachycondyla marginata) sono dotate, nelle antenne, di un portentoso sensore magnetico, un vero e proprio organo per l’orientamento; ma come sappiamo anche le nostre formiche domestiche difficilmente perdono la strada o mancano l’obiettivo.
In altri casi il sistema sembra essere più complesso, le radiazioni luminose, la luce blu crepuscolare per la precisione, nelle piante (Arabidopsis Thaliana) attivando particolari proteine fotorecettrici dette criptocromi (CRY), inibisce il processo di crescita in diretta relazione con l’intensità del campo magnetico. Ma i criptocromi o molecole simili, sono presenti in molti altri organismi compresi gli uccelli dove potrebbero avere un ruolo nei processi di crescita, di sviluppo, nella regolazione dei ritmi circadiani e nell’orientamento naturalmente, con l’attivazione dei sensori magnetici.
Fin qui la magnetite sembra materiale per curiosi ed eccentrici scienziati, ma nel 1992 la presenza di questi cristalli, grazie alla tecnologia ultrasensibile dei superconduttori Squidd, è stata rilevata anche nel tessuto nervoso dell’Homo sapiens, le membrane che circondano il cervello e il midollo spinale ne sono zeppe. La scoperta si deve stranamente ad un geologo, il dottor Joseph Kirschvink che evidenziò la presenza di questo materiale inaspettatamente nella materia vivente e ne fu incuriosito al punto che continuò le sue ricerche a dispetto dello scetticismo generale. La sua ricerca non fu finanziata, nonostante le implicazioni e applicazioni in campo medico e non solo.
A cosa servano nell’uomo queste complesse strutture sensoriali sensibili al campo magnetico  è ancora un mistero, ma nel 2008 il New York Times ha voluto ricordare la sua ricerca pionieristica alla luce delle più recenti scoperte circa l’utilizzo di questi recettori da parte di insetti e uccelli come egli per altro aveva ipotizzato.

Adesso si spiega il fenomeno chiamato bleep che si verifica a volte durante una risonanza magnetica, a causa di una “eco” spinale. Meno contenti saranno i produttori di apparecchiature elettroniche, i cristalli rispondono alle variazioni elettromagnetiche, già implicate nell’insorgenza di patologie come tumori cerebrali e leucemie. Difficile tuttavia fare statistiche corrette visto l’inquinamento elettromagnetico in cui viviamo: tv, radio, telefoni cellulari, computer e la tecnologia wireless in espansione. Se non producono danni patologici, sicuramente riducono le nostre facoltà percettive o dobbiamo pensare che madre natura con noi è stata meno generosa? Se i cristalli di magnetite sono solo una vestigia del passato ciò implicherebbe un antenato comune a tutte le specie che ne sono dotate, come ipotizzava Kirschvink; siamo figli di un batterio intraprendente? Molti sicuramente preferiranno pensare che abbiamo delle capacità nascostee dimenticate.

Il nostro sistema nervoso altro non è che un circuito elettrico, gli organi di senso e di moto comunicano attraverso correnti elettriche con il cervello e l’attività di ogni singola cellula è regolata da flussi di particelle cariche, gli ioni. In virtù di ciò il nostro corpo genera un campo magnetico sia pur debole che interagisce col campo magnetico esterno. Naturalmente la distanza alla quale un campo magnetico può far sentire la sua presenza dipende dalla sua intensità, dalla frequenza di oscillazione della radiazione e dalla sensibilità del ricevente. Lo spettro elettromagnetico va da radiazioni ionizzanti ad alta frequenza ed energia, come raggi X, raggi γ e raggi cosmici, ai raggi ultravioletti e alle radiazioni non ionizzanti come quelle prodotte dalle apparecchiature elettroniche, microonde, onde radio e tra questi due estremi, i “colori”, le radiazioni luminose. Quando i nostri organi di senso vengono colpiti da una radiazione elettromagnetica, generano una corrente della stessa frequenza della fonte e quindi da quelle del suono a quelle termiche e luminose che nel cervello riproducono le sensazioni corrispondenti. È vero anche però che in mancanza di uno stimolo, noi non percepiamo nulla, in mancanza di un mezzo in cui lo stimolo si propaghi, per noi non accade nulla, un sasso gettato in acqua genera un’onda che si propaga per lunghe distanze fino a far spostare un altro oggetto in vicinanza. Ma questo oggetto percepisce la perturbazione prodotta dal sasso e non direttamente il sasso, è solo l’esperienza che ci fa decodificare i segnali.
Si può stressare il concetto dicendo che le nostre percezioni sono dovute alla natura fluida di tutto lo spazio in cui siamo immersi e come un feto nel sacco amniotico, viviamo in un mondo ovattato, illusorio, senza percepire la realtà.
Le nostre sensazioni di caldo, freddo, pressione etc., secondo il Professor Marco Todeschini, mente brillante della prima metà del ‘900, fondatore della psicobiofisica, sono evocate dai nostri sensi che percepiscono variazioni del campo magnetico esterno trasmesse attraverso il mezzo fluido che ci circonda. La teoria prevede anche che il processo si possa invertire ricreando a livello cerebrale una sensazione nota fino a generare una corrente  e quindi una perturbazione elettromagnetica diretta verso l’esterno.
Le percezioni extrasensoriali, la telecinesi, le allucinazioni e molti altri fenomeni troverebbero così una spiegazione nella capacità non solo di ricevere, ma anche di produrre e trasmettere, segnali elettromagnetici. All’epoca in cui Todeschini esponeva la sua teoria non si sapeva dell’esistenza di cristalli di magnetite e così, ma non solo per questo motivo, come nel caso del dottor Kirschvink, anche le teorie di Todeschini furono rigettate dal mondo accademico e tutto finì nel dimenticatoio.
Si ignorava pure che siamo effettivamente in grado di generare un'emissione elettromagnetica a livello dell’orecchio in risposta ad uno stimolo acustico e misurabile come emissione otoacustica OAE ad una frequenza distinta per ogni individuo, come un’impronta “acustica”.
E magari senza saperlo dialoghiamo con la nostra madre Terra che trasmette ad una frequenza di 7,8 Hz, la stessa delle nostre onde cerebrali quando dormiamo, l’unico momento in cui siamo sulla stessa onda.
 
Scritto da Mariateresa De Pascale
Nata e cresciuta a Napoli, spinta da sempre dal desiderio di conoscenza, si è laureata in Biologia e  ha svolto attività di ricerca biomedica per circa quindici anni, principalmente nel campo dell'immunologia; sempre attenta anche alle ricerche in alri campi, crede fermamente nella necessità di una visione globale.
Membro della Scuola Superiore di Immunologia Ruggero Ceppellini fino al 2007. Nel 2005 ha abbandonato l’attività di ricercatore e dal 2007 si dedica alla divulgazione in campo scientifico e tecnologico, principalmente scrivendo articoli per riviste web e cercando di mettere scienze e conoscenze al servizio del sapere.

 

Mariateresa De Pascale
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