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Gli SPIRITELLI CARTESIANI


Ivo Quartiroli - 01/01/2016

Cartesio, nonostante sia considerato il padre della razionalità e del metodo per l'indagine scientifica moderna, era nelle sue ricerche filosofo e talvolta mistico. In parte l'aspetto religioso era un compromesso per assecondare le gerarchie ecclesiastiche del tempo, ma il suo metodo di indagine era comunque ancora ancorato all'indagine interiore e alla filosofia oltre che all'oggettività della scienza.

La scienza, non avendo gli strumenti di indagine moderni, era integrata con metodologie di indagine che poggiavano sulla cosmologia, sulla religione e sulla filosofia, tra le altre fonti di conoscenza.

E' risaputo che Cartesio ritenesse la ghiandola pineale un ponte tra l'anima immortale e il corpo mortale.

Ne Le passioni dell'anima, afferma:

    Articolo XXXI - C'è una piccola ghiandola nel cervello, nella quale l'anima esercita le sue funzioni più particolarmente che nelle altre parti. [...] la parte del corpo in cui l'anima esercita immediatamente le sue funzioni non è assolutamente il cuore e neanche l'intero cervello, ma soltanto la più interna delle sue parti, che è una certa piccolissima ghiandola, situata nel mezzo della sua sostanza e sospesa al di sopra del condotto attraverso cui gli spiriti dalle sue cavità anteriori sono in comunicazione con quelli della posteriore, in modo tale che i più piccoli movimenti che avvengono in essa contribuiscono molto a mutare il corso di questi spiriti e, inversamente, i più piccoli cambiamenti che si producono nel corso degli spiriti contribuiscono molto a cambiare i movimenti di questa ghiandola. (Cartesio, Le passioni dell'anima. UTET. Torino. Originale: Les passions de l'âme).

L'anatomia, la biologia e la chimica dell'epoca non potevano certo essere in grado di avvalorare tale ipotesi, mentre oggi sappiamo che la ghiandola pineale determina tra le altre cose il rilascio di melatonina, la quale a sua volta provoca il rilascio a cascata di ormoni e di neurotrasmettitori. Oggi diamo un'importanza scientifica alla presenza di questi mediatori biochimici, ed arriviamo a stabilire diagnosi psichiatriche sulla base della “carenza” o dell'”eccesso” di questi, come ad esempio nella diagnosi della schizofrenia.

Le ultimissime ricerche si avvicinano ulteriormente all'ipotesi cartesiana. Su New Scientist del 15 Dicembre 2007, a pagina 15, l'articolo intitolato What is the soul, but a humble pineal gland (Cos'è l'anima, se non una umile ghiandola pineale):

    Forse Cartesio era nel giusto quando nel 1649 ha affermato che la ghiandola pineale fosse la sede dell'anima. Le scansioni del cervello relative all'area che circonda la ghiandola pineale suggeriscono che l'area venga attivata quando le persone meditano. “Non esiste una definizione di 'anima' nel campo scientifico” afferma Jyh-Horng Chen del National Taiwan University di Taipei, co-leader dello studio. “Comunque, i nostri risultati dimostrano una correlazione tra l'attivazione pineale e la meditazione che potrebbe avere implicazioni profonde per la comprensione fisiologica di mente, spirito e anima".

Ma qual è la differenza sostanziale nel parlare di “spiriti” come affermava Cartesio, di essere ispirati dalle muse come credevano gli antichi greci, di essere posseduti dagli spiriti come ritengono alcuni popoli di cultura sciamanica oppure di esprimersi in termini di molecole biochimiche, di neurotrasmettitori e di mappe di risonanza magnetica nel linguaggio della scienza?

Ben poca, a parte il ritenere che tramite il conteggio di qualche molecola possiamo conoscere l'animo umano in modo più certo ed “obiettivo”. La teoria dei neurotrasmettitori, degli ormoni e dei ricettori mi sembra una versione moderna degli dei che popolano l'anima dell'essere umano o degli spiriti Cartesiani. Oggi c'è una maggiore enfasi sul biochimico e sul calcolabile, in modo che tutto sembra scientificamente preciso e indiscutibile. Ma di fatto è una nuova mitologia.

Osho confrontava il creazionismo nella mitologia Indù con le teorie di Darwin ed affermava:

    “Quando Darwin diceva che l'uomo si è evoluto dagli animali, stava usando un linguaggio scientifico. Ma se leggessimo la storia delle incarnazioni hindu, scopriremmo che questa storia è già stata raccontata migliaia di anni fa, in forma simbolica. La prima incarnazione non era un uomo, ma un pesce. Anche Darwin sostiene che la prima forma dell'uomo fu quella di un pesce. Ebbene, quando noi diciamo che la prima incarnazione era matsya avatar, un pesce, è simbolico. Questo non è il linguaggio della scienza: un'incarnazione e un pesce! Noi abbiamo respinto queste espressioni. Ma quando Darwin disse che il primo elemento della vita apparve sotto forma di pesce e che poi seguirono le altre forme, siamo stati subito d'accordo, perché ci sembrava ragionevole. Il metodo e la ricerca di Darwini sono scientifici. Ebbene, coloro che ebbero delle visioni, videro il divino nascere innanzitutto sotto forma di pesce. Il visionario usa il linguaggio delle parabole”. (Osho. In Search of the Miraculous Volume Two. Rebel Publishing House. Poona).

Spesso la scienza moderna critica le affermazioni di filosofi o scienziati che hanno una visione diversa rispetto alle direttive della scienza riduzionista o all'approccio oggettivo e misurabile. Cartesio, al contrario, è stato criticato da tutti coloro che riconoscono una visione olistica della vita e dell'essere umano, senza separazione tra corpo e anima.

Il filosofo francese è un classico obiettivo di critica da parte della new age, di psicosomatisti e di filosofi integrali, che lo hanno accusato di aver posta la separazione tra corpo e psiche nella cultura occidentale e nella scienza. Tali osservazioni le ritengo in qualche modo corrette. Tuttavia, il metodo Cartesiano nella sua globalità includeva anche un percorso di introspezione, che è stato ignorato sia dai suoi detrattori che da chi lo ha supportato.

Cartesio è stato anche criticato da scienziati che sono parte della scienza ufficiale, ma spesso a mio parere a sproposito. Ad esempio, Damasio critica Cartesio per la separazione tra corpo e mente sulla base delle scoperte neurochimiche che ci dicono che le nostre emozioni sono connesse. In un suo passaggio, la critica prende questa forma:

    “Perché prendersela per questo particolare errore di Cartesio - che, dopo tutto, ne fece anche altri, e più marchiani? Ad esempio, egli credette che fosse il calore a fare circolare il sangue, e che le minuscole, finissime particelle di sangue si distillassero in “spiriti animali”, capaci di muovere i muscoli. Perché non criticarlo per queste sue convinzioni? La ragione è semplice: si sa da molto tempo che su questi punti egli si sbagliava, e la questione di come e perché il sangue circoli è stata risolta nel modo più soddisfacente”. (Antonio Damasio. L'errore di Cartesio. Adelphi. Milano. 1995).

Se non ci facciamo fuorviare dal termine “spiriti animali”, possiamo riconoscere in questi gli ormoni e i neurotrasmettitori che circolano nel nostro sangue, che a loro volta influenzano la nostra psiche. Inoltre, il come e il perché il sangue circoli non è stata risolto nel modo più soddisfacente a differenza di ciò che afferma Damasio.

Senza dubbio abbiamo alcune nozioni rispetto ai meccanismi biologici e neurochimici, le cui teorie vengono comunque cambiate ogni pochi anni, ma queste conoscenze non ci spiegano il perché della circolazione del sangue. Tantomeno la conoscenza delle relazioni biochimiche tra sistema nervoso centrale, organi interni, sistema endocrino e sistema immunitario (psiconeuroendocrinologia) ci può spiegare come la coscienza possa influenzare i meccanismi biologici, dato che la coscienza è l'elemento tutt'ora meno compreso e più elusivo della scienza.

Focalizzando inoltre la ricerca solamente sui risultati numericamente misurabili perdiamo il senso profondo, spirituale e simbolico, della connessione del nostro corpo con il resto dell'universo. Damasio critica la separazione del corpo dalla mente da parte degli scienziati cognitivisti, ma, nonostante lui includa le emozioni nel modello biochimico del corpo/mente, non va oltre al pensiero meccanicistico. Egli vede l'essere umano e la sua coscienza solamente come il prodotto di processi neurochimici. Il fatto che abbia aggiunto la dimensione delle emozioni non cambia la sostanza dell'approccio.

Le simbologie astrologiche dell'antichità, il pantheon delle divinità greche o la varietà di quelle Indu, gli archetipi Junghiani, gli spiriti degli sciamani sono più ricchi di significati e meno giudicanti di quanto lo sono le analisi e le classificazioni psicologiche o psichiatriche. La scienza è un'altra forma di mitologia, ma non essendo riconosciuta come tale ritiene di essere immune dai rischi illusori che accompagnano le certezze mitiche.

Quindi l'oggettività e la riproducibilità, i fondamenti del metodo scientifico, non sono considerati solo metodi per la conoscenza scientifica ma si espandono a sinonimi di vero e giusto.

A proposito di questo, Hillman, in Oltre l'umanismo (Moretti & Vitali. Bergamo. 1996) affermava che:

    “La certezza mitica contiene in sé il rischio - non il rischio del dubbio, della falsità, o del male morale, ma il rischio dell'illusione, il rischio cioè che la conoscenza e la fede si smarriscano. [...] Accorgerci che la nostra certezza è mitica, che i nostri atti certi non sono fondati sulla verità ma sulla fede animale, ci dà una consapevolezza sempre più acuta della possibilità dell'illusione, e dell'illusione insita in ogni mossa”.

Di tanto in tanto nella scienza vi sono dei cambi di paradigma e le certezze che sembravano immutabili vengono sostituite da nuove verità, come ha documentato Thomas Kuhn in La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Einaudi. Torino. 1978. Thomas Kuhn. (The Structures of Scientific Revolutions. University of Chicago Press. Chicago. 1962).

Lo stesso Kuhn afferma che i cambi di visione avvengono solamente tramite una rivoluzione scientifica e comunque dopo la morte fisica degli scienziati che proponevano il vecchio paradigma. Quindi, pur se nel metodo scientifico è previsto il dubbio e le verifiche sperimentali, l'uomo scienziato non sembra disposto ad abbandonare le sue certezze.

Come qualsiasi altro essere umano, gli scienziati si identificano con le proprie certezze mentali come riflesso di un bisogno di certezza interiore. Quindi abbandonare le certezze non è un processo semplice. Il metodo della scienza attuale prevede una ricerca “oggettiva”, esterna al ricercatore. Per lo scienziato di oggi l'osservazione del suo mondo interiore non è funzionale alla ricerca.

La scienza potrebbe ricominciate da Cartesio che faceva iniziare il metodo scientifico da uno stato interiore di osservazione dove venivano cancellate le convinzioni preesistenti.

Se accettiamo che le nostre certezze scientifiche che riteniamo solide ed oggettive sono in realtà mitiche, saremo indotti ad osservare non solamente ciò che abbiamo di fronte, ma anche al modo in cui lo guardiamo e questo potrà portarci a rivolgere lo sguardo al nostro interno come porta per la nostra consapevolezza.

Fonte: www.indranet.it - May 20th, 2008



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