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La fisica quantistica, una nuova interpretazione dell'Universo

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Davide Fiscaletti - 01/01/2016

La meccanica quantistica, in virtù di alcuni suoi aspetti che la fanno sembrare molto esotica e lontana dal senso comune (segnatamente la non località) introduce scenari molto più ampi di quelli offerti da ogni teoria fisica precedente. È allora naturale porsi il fondamentale interrogativo: se si tiene conto dei risultati della fisica quantistica, quale struttura si può considerare come la vera arena dell’universo? 

 

In virtù del carattere non locale dei processi quantistici, è opportuno definire un background in grado di includere i fenomeni quantistici come abitanti naturali e trovare poi i livelli noti come casi limite. Tuttavia, nella maggior parte delle teorie del tutto finora elaborate (si pensi, in particolare, alla teoria delle stringhe), lo spazio-tempo ordinario non viene giustificato, ma è semplicemente “dato”, insieme alla materia e l’energia. Per uscire dalla situazione di impasse in cui si trova la fisica attuale, a parere dell’autore, occorre postulare l’esistenza di una dimensione profonda nell’universo, di un livello profondo della realtà fisica il quale tenga conto della natura non locale dei fenomeni quantistici: è proprio questo livello fondamentale della realtà che deve essere considerato la vera arena che determina i fenomeni fisici che conosciamo. 

 

 

Il potenziale quantico, l’ordine implicito di Bohm e l’interpretazione atemporale

Negli anni '50 David Bohm sviluppò un’interpretazione alternativa della meccanica quantistica, nota anche come teoria dell’onda pilota, in grado di fornire una descrizione causale dei processi atomici e, quindi, di mettere in discussione l’immagine soggettivistica della realtà quale emerge dall’interpretazione standard. Partendo dall’ipotesi che ciascun sistema fisico individuale sia composto da un corpuscolo e da un’onda che lo guida (idea che va anche sotto il nome di dualismo oggettivo onda-corpuscolo), Bohm mostrò che il movimento del corpuscolo sotto la guida dell’onda avviene in accordo a una legge che ha la forma della seconda legge di Newton della meccanica classica, con l’unica differenza che qui la particella è soggetta, oltre che ad una forza classica, anche a una forza quantistica, legata a una forma di energia chiamata potenziale quantico. Questa denominazione deriva dal fatto che nell’espressione del potenziale quantico è presente la costante di Planck (la costante fondamentale che caratterizza il mondo microscopico) e c’è una dipendenza dalla funzione d’onda.

 

La caratteristica principale della teoria di Bohm, che consente di fornire una descrizione causale dei processi atomici, consiste appunto nel fatto che, qui, la funzione d’onda agisce proprio come un’onda pilota che guida la particella corrispondente, attraverso l’azione del potenziale quantico, nelle regioni dove l’onda è più intensa. 

 

Il potenziale quantico non opera come i campi elettromagnetici classici ma agisce in maniera istantanea e solo come pura "forma". La particella si comporta in pratica come una nave che arriva al porto grazie alla potenza dei suoi motori (vale a dire all’azione dei campi classici che conosciamo) ma sotto la guida di un radar (vale a dire il potenziale quantico) che le indica la strada da seguire. Nell’ambito della teoria di Bohm, è proprio il potenziale quantico a determinare la non località dei processi microscopici, la comunicazione istantanea tra le particelle subatomiche: il potenziale quantico informa ogni particella sul dove andare – come se dietro alla realtà fenomenica spazio-temporale fatta di materia ed energia, esistesse un piano nascosto che guida la particella e la unisce a tutte le altre particelle in un’unica simbiosi cosmica. 

Tenendo conto dei risultati della teoria di Bohm, si arriva alla conclusione che l’ordine cartesiano basato sulla divisione tra res extensa e res cogitans non può essere utilizzato per rendere conto della non località: quello che è richiesto è un ordine radicalmente nuovo. A questo proposito, già nel 1960 Geoffrey Chew sottolineò che non c’è alcuna necessità di spiegare i processi quantistici sulla base della struttura spazio-temporale caratteristica della relatività speciale. Infatti, se lo spazio-tempo viene assunto come entità fondamentale, primaria, allora, ipso facto, la località dovrebbe avere una validità assoluta. Invece, le particelle quantistiche manifestano correlazioni non locali. 

 

A partire dal 1980 Bohm suggerì che per spiegare il carattere non locale dei fenomeni quantistici è necessario introdurre l’idea che esistano diversi livelli della realtà. Più precisamente, Bohm introdusse la distinzione tra foreground e background, ossia tra ordine esplicito (esplicate order) e ordine implicito (implicate order).

Secondo Bohm è possibile individuare nella meccanica quantistica due diversi livelli di descrizione della realtà: l’interpretazione standard e il suo formalismo ci permettono di rendere conto del foreground, dell’ordine esplicito del mondo macroscopico così come ci appare dalle nostre misure, e che è caratterizzato da manifestazioni locali e frammentarie Quello che avviene nell’ordine esplicito rappresenta tuttavia una proiezione del livello fondamentale, nascosto, cioè il livello del background e dell’ordine implicito, caratterizzato da non località e non separabilità.

Bohm suggerisce quindi che nell’indagine della realtà fisica bisogna distinguere tra gli aspetti "avviluppati", legati al livello nascosto e quelli "dischiusi", che si manifestano come proiezioni del livello fondamentale. 

In base alle idee di Bohm, se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della realtà (cioè il foreground o ordine esplicito); a un livello più profondo esse non risultano "parti" separate bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare. A questo livello più profondo e fondamentale (che è appunto il background o ordine implicito), tutte le particelle subatomiche sono infinitamente collegate in una sorta di interezza continua.

Si è insomma condotti – usando parole dello stesso Bohm – “a una nuova concezione di totalità indivisa che nega l’idea classica della possibilità di analizzare il mondo in parti esistenti in maniera separata e indipendente: la realtà fondamentale è l’inseparabile connessione quantistica di tutto l’universo e le parti che hanno un comportamento relativamente indipendente sono solo forme particolari e contingenti dentro questo tutto”.

Ora, a parere dell’autore, l’interpretazione più naturale della non località quantistica è quella secondo cui l’arena dell’universo, e quindi il background, l’ordine implicito bohmiano, abbia una natura atemporale. L’idea di uno spazio fisico atemporale, di un campo profondo atemporale in cui il tempo esiste solo come ordine numerico del movimento della materia ci permette di spiegare perché e in che senso, in un esperimento di tipo EPR (paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen), due particelle provenienti dalla stessa sorgente e che poi si allontanano, rimangono unite da un misterioso legame; perché e in che senso se noi interveniamo su una delle due anche l’altra ne risente istantaneamente a prescindere dalla distanza che c’è tra di esse. La connessione istantanea tra due particelle quantistiche A e B anche quando sono a grande distanza può essere vista come un effetto dello spazio atemporale. L’informazione non viaggia tra la particella A e la particella B, l’informazione tra la particella A e la particella B non ha velocità: lo spazio atemporale informa la particella A riguardo al comportamento della particella B e viceversa. In altri termini, si può dire che in un esperimento di tipo EPR lo spazio è un mezzo immediato di informazione tra particelle elementari. Il comportamento di una particella è influenzato istantaneamente dall’altra particella grazie allo spazio che funge da mezzo immediato di informazione. 

 

Questa interpretazione atemporale della connessione tra particelle quantistiche appare del tutto coerente alla luce dell’espressione del potenziale quantico bohmiano. Il potenziale quantico contiene in modo implicito l’idea dello spazio come mezzo immediato di comunicazione tra le particelle: l’azione del potenziale quantico è infatti di “tipo spazio” e questo vuol dire appunto che lo spazio assume un ruolo cruciale nel determinare il comportamento delle particelle subatomiche.

Ne deriva in questo modo che l’ordine implicito di Bohm può essere assimilato all’idea dello spazio come mezzo immediato di informazione (e in cui il tempo esiste solo come ordine numerico del movimento) nella forma dello stato speciale rappresentato dal potenziale quantico. In altre parole, è lecito pensare che, al livello fondamentale, sia uno spazio atemporale a trasmettere l’informazione tra due particelle subatomiche, prima unite e poi separate e portate a grande distanza, a farle comunicare istantaneamente. Quando si prende in considerazione un processo subatomico (come per esempio il caso di un esperimento di tipo EPR) lo spazio atemporale assume lo stato speciale rappresentato dal potenziale quantico e questo determina una comunicazione istantanea tra le particelle in esame. In questo quadro, lo spazio-tempo relativistico può essere visto come una struttura che emerge da questa arena fondamentale di natura atemporale.

 

 

Il campo profondo dell’universo e… lo spazio atemporale ondulatorio

Sulla scorta dell’ordine implicito bohmiano, per spiegare la non località dei quanti, nonché altri fenomeni significativi ad essa correlati quali la coerenza del cosmo, la connessione istantanea tra organismi e ambienti, le interazioni nel campo della natura e della mente, si sono sviluppate svariate ricerche.

Si pensi, per esempio, all’idea del Campo del Punto Zero di Lynn McTaggart, alla sintropia di Fantappiè, alla Matrix Divina di Braden, al campo akashiko di Laszlo, solo per citarne alcune. Tutte queste ricerche, di fatto, si basano sull’assunzione che nell’universo esiste un campo fondamentale di informazioni, un campo unificato che connette tutte le cose. 

 

In linea con queste visioni e seguendo la filosofia che sta alla base della gravità quantistica a loop (teoria che si propone di unificare meccanica quantistica e relatività generale e che comporta che lo spazio non è indefinitamente divisibile ma che ha una struttura granulare alla scala di Planck, che è dell’ordine di 10 alla meno 35 metri), l’autore di queste articolo ha sviluppato una teoria la quale prevede che il campo fondamentale della natura è uno spazio atemporale ondulatorio i cui costituenti elementari sono quanti di spazio aventi grandezza dell’ordine della lunghezza di Planck e che tutti i campi fisici noti sono degli stati speciali di questo spazio atemporale. 

 

In base al modello sviluppato dall’autore, lo spazio atemporale ondulatorio contiene alcune informazioni fondamentali che determinano il comportamento delle varie entità presenti nell’universo: la densità dello spazio cosmico (grandezza legata alla quantità di materia presente nella regione in esame), la funzione d’onda dello spazio, la frequenza di vibrazione di ciascun quanto di spazio e valori quantistici di rotazione-orientazione di ciascun quanto di spazio. La massa, la funzione d’onda standard, lo spin e l’energia delle particelle subatomiche derivano rispettivamente da opportuni valori della densità dello spazio, della funzione d’onda dello spazio, della rotazione-orientazione e delle frequenze di vibrazione di opportuni quanti di spazio.

L’arena dell’universo costituita dallo spazio atemporale ondulatorio fornisce un’interpretazione atemporale dell’universo, in cui il tempo esiste solo come moto irreversibile della materia: essa prevede che quando la velocità e il numero quantico della rotazione-orientazione sono uguali a zero (condizioni che implicano assenza di movimento materiale), la funzione d’onda dello spazio risulta indipendente dal tempo. Sulla base del modello matematico dello spazio atemporale ondulatorio, il comportamento delle particelle subatomiche come lo conosciamo dalla teoria quantistica standard può essere considerato la conseguenza di equazioni generali per un’opportuna densità dello spazio cosmico (le quali assomigliano molto in forma a delle note equazioni della meccanica quantistica): l’equazione di Schrödinger generalizzata per la densità dello spazio cosmico nel dominio non-relativistico; l’equazione di Klein-Gordon generalizzata per la densità dello spazio cosmico nel dominio relativistico nel caso in cui il numero quantico della rotazione-orientazione corrisponde all’apparizione di un bosone; le equazioni di Fiscaletti-Dirac (rispettivamente, senza interazione elettromagnetica e con interazione elettromagnetica) nel dominio relativistico nel caso in cui il numero quantico della rotazione-orientazione corrisponde all’apparizione di un fermione.

Le equazioni della meccanica quantistica standard di Schrödinger, di Klein-Gordon e di Dirac rappresentano soltanto casi speciali delle equazioni generalizzate di Schrödinger, di Klein-Gordon e di Fiscaletti-Dirac per la densità dello spazio cosmico, che possono quindi essere viste come i veri fondamenti della teoria quantistica ciascuna nel suo rispettivo dominio, la vera base da cui derivano i risultati della fisica quantistica. In altre parole, questo significa che è proprio lo spazio atemporale ondulatorio l’arena fondamentale dell’universo – il teatro legato ai processi della meccanica quantistica, in particolare alla non località – e che la struttura spazio-temporale caratteristica della relatività può essere considerata come qualcosa che emerge da questa arena.

 

L’approccio dello spazio atemporale ondulatorio presenta inoltre il seguente importante vantaggio rispetto ad altri schemi teorici: l’esistenza di un legame tra la funzione d’onda dello spazio e la curvatura dello spazio prevista dalla relatività generale. Questo modello suggerisce una geometrizzazione degli aspetti quantistici e gravitazionali della materia: la funzione d’onda dello spazio rappresenta una sorta di legame tra quello che chiamiamo gravitazione e quello che chiamiamo comportamento quantistico della materia, che possono essere visti realmente come due facce della stessa medaglia. In altre parole, lo spazio atemporale ondulatorio introduce la possibilità di ottenere una suggestiva unificazione tra gli aspetti gravitazionali e gli aspetti quantistici della materia, più soddisfacente rispetto a quella standard.

 

Infine, questo approccio permette di spiegare in modo soddisfacente anche quello che accade nei processi di misura: i risultati delle misurazioni quantistiche rappresentano la conseguenza di quanto avviene al livello fondamentale della realtà rappresentato dallo spazio atemporale ondulatorio, in particolare scaturiscono dalle informazioni che questa arena contiene (segnatamente, valori della densità dello spazio cosmico, delle funzioni d’onda dello spazio, di frequenze di vibrazione). Innanzi tutto, cominciamo col considerare il punto di vista rappresentato dal collasso della funzione d’onda.

Com’è noto, nell’ambito della versione standard della teoria quantistica, il collasso della funzione d’onda sarebbe causato dall’intervento dell’osservatore, dal fatto che l’interferenza dell’osservatore con il sistema misurato provoca grandi cambiamenti incontrollabili sul sistema stesso. Ora, nell’approccio suggerito dall’autore, si può speculare che sono le informazioni fornite dall’arena fondamentale dell’universo rappresentata dallo spazio atemporale ondulatorio a determinare il collasso della funzione d’onda.

In particolare, è la densità dello spazio cosmico l’elemento che determina il collasso della funzione d’onda, che fa sì che l’indice dell’apparato misuratore finisca in una sola delle posizioni in cui potenzialmente si può trovare. Considerando per esempio la misurazione della posizione di un elettrone mentre sta attraversando un dispositivo a due traiettorie A e B, possiamo dire che il collasso della funzione d’onda si ha laddove lo spazio è più denso e, quindi, se la densità dello spazio è maggiore nella traiettoria A, l’indice del dispositivo indicherà che l’elettrone ha seguito il percorso A, mentre se la densità dello spazio è maggiore nella traiettoria B, l’indice del dispositivo indicherà che l’elettrone ha seguito il percorso B. È lo spazio atemporale ondulatorio, quindi, l’arena fondamentale che fa sì che l’osservatore abbia percezioni ben definite riguardo agli stati macroscopici dei sistemi fisici, che determina l’oggettivazione delle proprietà macroscopiche dei sistemi fisici sperimentata dall’osservatore. Introducendo l’idea della densità dello spazio cosmico, lo spazio atemporale ondulatorio può essere considerato la struttura che funge da intermediario tra sovrapposizione degli stati e osservatore-collasso della funzione d’onda, che media il processo (e come tale determina il collasso stesso, nonché la percezione definita dell’osservatore riguardo al risultato delle misurazioni delle grandezze fisiche). 

Lo spazio atemporale ondulatorio fornisce una rilettura significativa anche della soluzione del problema della misura proposta da Bohm (permettendo in qualche maniera di avvicinare il punto di vista ortodosso a quello di Bohm). Considerando, al solito, la misurazione della posizione di un elettrone che viene introdotto in un dispositivo a due traiettorie A e B, nell’ambito dell’approccio sviluppato dall’autore, l’apparizione dell’elettrone in un determinato punto dello spazio deriva da un’opportuna densità dello spazio e da un’opportuna frequenza di vibrazione di un certo quanto di spazio e, di conseguenza, dalla funzione d’onda dello spazio in corrispondenza di tale quanto di spazio. Pertanto ne deriva che la posizione dell’elettrone e, quindi, la strada che effettivamente segue per portare al risultato della misurazione derivano dai valori della densità dello spazio cosmico, dai valori delle frequenze di vibrazione e della funzione d’onda dello spazio nella regione in considerazione. In particolare, possiamo dire che l’elettrone si troverà inizialmente nella regione A quando la densità dello spazio cosmico è maggiore nella regione A che nella regione B; quando la funzione d’onda dello spazio è maggiore nella regione A che nella regione B; e quando nella regione A ci sono certi quanti di spazio che vibrano a frequenze caratteristiche dell’elettrone. Sono quindi la densità dello spazio cosmico, la funzione d’onda dello spazio e la frequenza di vibrazione di opportuni quanti di spazio gli elementi cruciali che, secondo l’approccio sviluppato dall’autore, determinano il risultato, l’esito dei processi di misurazione così come lo otteniamo nell’ambito della visione di Bohm. In sintesi, possiamo allora dire che lo spazio atemporale ondulatorio introduce una suggestiva rilettura della visione bohmiana dei processi di misura e, allo stesso tempo, fornisce una soddisfacente spiegazione del collasso della funzione d’onda: questo implica che in qualche modo questa arena fondamentale permette di avvicinare la visione del collasso a quella di Bohm. 

 

L’introduzione dello spazio atemporale ondulatorio caratterizzato da una funzione d’onda dello spazio, da una struttura granulare, da frequenze di vibrazione e rotazioni-orientazioni può di fatto essere vista come un tentativo di aggiungere nuovi elementi descrittivi rispetto alla visione standard. Il risultato fondamentale di questa teoria consiste nel fatto che tutti i quanti di spazio sono caratterizzati da una specifica funzione d’onda dello spazio, specifiche vibrazioni, specifiche evoluzioni descritte da generalizzate equazioni per la densità dello spazio cosmico e, quindi, che ne deriva un’immagine pienamente olistica dell’universo fisico. 

 

Conclusioni

Secondo diversi autori, nel dominio quantistico non è possibile separare, dal punto di vista operativo, realtà e informazione: in altri termini realtà ed informazione possono essere considerati la materia primordiale dell’universo. L’informazione può essere considerata un elemento primario in meccanica quantistica, ha una natura oggettiva.

 

Per quanto riguarda la natura effettiva dell’informazione e il modo in cui essa è trasportata, le idee non sono ancora interamente chiare. È corretto, per esempio, parlare di un campo di informazione, poiché l’informazione non diminuisce con la distanza, né è associata all’energia nel senso usuale.

 

L’approccio sviluppato dall’autore di questo articolo suggerisce la prospettiva interessante che il campo di informazione che sarebbe responsabile dei processi quantistici è uno spazio atemporale ondulatorio caratterizzato da una funzione d’onda dello spazio, una struttura granulare alla scala di Planck, un mare di vibrazioni e valori quantistici di rotazioni-orientazioni. Nel modello dell’autore, è lo spazio atemporale ondulatorio l’arena fondamentale dell’universo e, come tale, costituisce la vera base della meccanica quantistica, sia nel dominio non relativistico, che nel dominio relativistico e nei processi di misura (e che consente, inoltre, di ottenere una significativa unificazione degli aspetti gravitazionali e quantistici della materia). 

 

 

Bibliografia

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Bohm D. and Hiley B.J., The undivided universe: an ontological interpretation of quantum theory (Routledge, London, 1993).

Chew G., Science Progress, Vol. 51, 529-539 (1960). 

Fiscaletti D., I gatti di Schrödinger. Meccanica quantistica e visione del mondo (Franco Muzzio Editore, Roma, 2007). 

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Zeilinger A. Il velo di Einstein (Einaudi, Torino, 2005). 

 

 

Approfondimenti

Il paradosso EPR

Il paradosso EPR (o più appropriatamente argomento EPR) è un esperimento mentale che dimostra come – se si misura una data proprietà su una parte (A) di un sistema quantistico – lo stato in cui si trova l’altra parte (B) di questo sistema risulta influenzato da questa misura, indipendentemente dalla distanza che separa le due parti. Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen proposero questo esperimento ideale in un articolo pubblicato nel 1935 intitolato La descrizione quantistica della realtà fisica può ritenersi completa?, con l’intento di dimostrare che la meccanica quantistica non è una teoria fisica completa nel descrivere la natura. Una spiegazione e formalizzazione di questo fenomeno è stata fornita nel 1964 dal fisico irlandese John Stewart Bell il quale ha dimostrato il seguente famoso teorema: “Quando due particelle sono emesse in direzioni opposte e le proprietà di una di esse sono attualizzate da una misurazione, le proprietà dell’altra particella – anche esse misurate – saranno correlate indipendentemente dalla distanza che le separa”. In base al teorema di Bell, la non località deve essere considerata una proprietà ineludibile dei fenomeni atomici: i sistemi atomici hanno realmente la capacità di comunicare informazioni istantaneamente a prescindere dalla distanza che c’è tra di essi. 

 


Davide Fiscaletti
Marchigiano, laureato in fisica all’Università di Bologna nel 1999, è membro ricercatore dello SpaceLife Institute, centro di ricerca che si... Leggi la biografia
Marchigiano, laureato in fisica all’Università di Bologna nel 1999, è membro ricercatore dello SpaceLife Institute, centro di ricerca che si propone di aprire nuove prospettive in campo scientifico (in particolare: lo sviluppo di una nuova visione nell’ambito della fisica; lo sviluppo della cosmobiologia, disciplina scientifica che... Leggi la biografia

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