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Il caso Benveniste. Alla sua memoria e a quella dell'acqua

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La dimostrazione biofisica del fenomeno ad alta diluizione detto anche “memoria dell’acqua”.


Vincenzo Valenzi - 01/01/2016

Il Caso Benveniste: il Nikola Tesla della biologia? 

La nuova area scientifica aperta dalle osservazioni del Dr. Jacques Benveniste è conosciuta come il fenomeno della “memoria dell’acqua”, ovvero: l’acqua è capace di trasportare informazioni molecolari (messaggi biologici), ed è possibile registrare, trasmettere e amplificare queste informazioni come può esser fatto per il suono e la musica. Nel 1984 mentre Benveniste lavorava sui sistemi ipersensitivi (allergici) per caso portò alla luce il cosiddetto fenomeno ad alta diluizione che fu raccolto dai media e chiamato appunto “la memoria dell’acqua”. Il fenomeno a cui si riferisce riguarda la diluizione di una sostanza in acqua fino al punto che la soluzione finale contiene solo molecole di acqua.

Con i sistemi ipersensitivi che stava usando, comunque, osservò che questa soluzione altamente diluita innescava una reazione come se le molecole iniziali fossero ancora presenti nell’acqua: l’acqua aveva trattenuto una traccia delle molecole presenti all’inizio della diluizione. Jacques Benveniste aveva in pugno la dimostrazione biofisica dei più recenti “messaggi nascosti nell’acqua” del ricercatore Masaru Emoto, facendo in un certo senso da apripista alla teoria di quest’ultimo che ci apre gli occhi mostrando, con le immagini dei suoi cristalli d’acqua, come questa sia profondamente connessa alla coscienza individuale e collettiva delle persone .

 

Il medico Jacques Benveniste probabilmente perse il Nobel legato alla scoperta del PAF (fattore di aggregazione piastrinica), ed anche la sua acclamata reputazione, proprio perché si era smarrito nei labirinti dell’acqua e paradossalmente della sua memoria. Imboccata la via meno ortodossa indicata da questa sua nuova scoperta perse immediatamente il sostegno e i finanziamenti del blasonato mondo accademico, incluso l’incensamento delle riviste ad esso connesse. Condividiamo volentieri la testimoniaza della sua autorevole collega prof. di Patologia clinica dell’Università di Chicago Wei Hsueh: “Ho conosciuto per la prima volta il Dr Jacques Benveniste in occasione di un congresso internazionale sul PAF (Fattore dI Aggregazione Piastrinico) a Hilton Head, negli Stati Uniti. In quel periodo egli era all’apice della sua reputazione nell’ambiente scientifico.

I suoi articoli erano pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche come Nature e il “Journal d’immunologie” e veniva riconosciuto come lo scopritore di un nuovo, importante, mediatore lipidico. Fu infatti solo qualche anno dopo, credo fosse il 1987, nel corso di un incontro internazionale a Tapei, che Jacques, per la prima volta, mi face menzione del suo originale studio sulla diluizione elevata e i basofili, dicendomi che il suo articolo sarebbe stato ben presto accettato dalla prestigiosa rivista Nature. Invece si è verificato l’impensabile e l’inatteso. L’“affare Benveniste”, la ricerca infame condotta per Nature, diretta dal suo caporedattore con l’aiuto di un professionista “cacciatore di streghe” del NIH (…….) e un mago, avete inteso bene, un mago! Fu un disastro dopo l’altro. Le cose cominciarono a girare male, e progressivamente gli venne portato via tutto: i suoi finanziamenti, i suoi collaboratori francesi, e in ultimo il suo laboratorio. Ancora oggi, non riesco a capire, come sia accaduto che la comunità scientifica in Francia e nel mondo intero sia rimasta sorda al successo degli esperimenti successivi che hanno confermato i primi risultati pubblicati da Nature.

La ricerca fu condotta in collaborazione col Dr Spira, uno statistico di grande spessore e famoso in Francia, e i dati ottenuti sono passati al vaglio di un’analisi statistica rigorosa e impeccabile. Quando ho rivisto Jacques, sempre ad un congresso, qualche anno dopo, pensavo di trovarlo distrutto, depresso. Ero certa che avrebbe preso la decisione di rinunciare alla sua ricerca poco ortodossa per riprendere il suo percorso iniziale. Al contrario, Jacques appariva in gran forma e mi annunciava di aver lanciato un nuovo progetto di ricerca in cui utilizzava segnali trasmessi elettronicamente per stimolare i basofili umani. Mi chiedeva di ripetere qualche esperimento sui neutrofili di ratto. 

 


Vincenzo Valenzi
Dipartimento Scienze Biomediche UNIMEIER www.unimeier.euSezione Bioelettromagnetismo CIRPS www.cirps.it   Leggi la biografia
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