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Cambiamenti climatici e salute umana


Gianluca Tognon - 01/01/2016


Le attività umane di ogni tipo, ma soprattutto quelle industriali, provocano la crescita delle emissioni di gas nell’aria, in particolare quelle di anidride carbonica (CO2). Ogni anno, migliaia di milioni di tonnellate di CO2 vengono aggiunte all’atmosfera e la maggior parte è destinata a rimanervi per i prossimi cento anni o più. L’anidride carbonica è un buon assorbente di radiazione calda (che arriva dal sole alla superficie della terra) e agisce, pertanto, come una coperta di lana sulla superficie terrestre, mantenendola a temperature più elevate di quanto altrimenti sarebbe, incrementando anche la quantità di vapore acqueo nell’atmosfera. Gli scienziati sono abbastanza convinti del fatto che il surriscaldamento globale e i cambiamenti climatici siano conseguenti alle attività umane. Rimane, comunque, un certo grado di incertezza riguardo le dimensioni dell’allarme e circa le modalità di mutamento nelle varie parti del mondo. Nessuno è ancora in grado di stabilire con certezza quali saranno le regioni che risulteranno più colpite dagli effetti negativi.

Poiché ambiente e salute sono concetti strettamente interconnessi fra loro, numerosi fattori che provocano un deterioramento del primo portano anche a un peggioramento della seconda. Non è facile però associare i cambiamenti nel clima a possibili effetti sulla salute, poiché la specie umana è esposta a tantissimi altri fattori ambientali (ivi compresi quelli legati allo stile di vita, come il fumo o l’alimentazione) che la influenzano sia in positivo che in negativo. Nei paesi sviluppati, gli esseri umani si sono adattati a vivere in territori e climi diversi, migliorando sempre più le proprie conoscenze sulle modalità di cura e gestione delle malattie e ciò complica ulteriormente la capacità di fare delle predizioni circa gli scenari futuri della salute umana conseguenti al surriscaldamento globale.

In ogni caso, un effetto potenzialmente associato al surriscaldamento globale è la maggior facilità di diffusione delle malattie. Ad esempio, molti insetti che fungono da vettori per alcuni patogeni (come la malaria, l’encefalite virale o la febbre gialla), sopravvivono meglio in un clima caldo e umido. La malaria è un esempio di malattia per la quale è previsto un superamento degli attuali confini geografici. Si teme che nuove malattie infettive possano fare il loro ingresso in Europa e che possano riemergere patologie ormai scomparse da tempo. La diffusione nel continente europeo della “zanzara tigre” dovrebbe, secondo le previsioni, estendersi ulteriormente, come pure le patologie che questo insetto trasporta, come la dengue.

Accanto alla possibilità di un aumento delle malattie trasmissibili, occorre ricordare che anche le ondate di calore (come quelle che hanno caratterizzato l’ultima estate italiana) sono un altro fattore associato al surriscaldamento globale che può avere fenomeni importanti sulla salute umana. Questi fenomeni hanno già causato un certo numero di decessi in Europa negli anni passati. Il caldo colpisce direttamente la fisiologia umana: la termoregolazione durante gli stress termici richiede un sistema cardiovascolare sano. Quando la temperatura ambientale supera la capacità di autoregolazione dell’organismo, questo può andare incontro a ipertermia e, di conseguenza, a colpi di calore, morte per arresto cardiovascolare, infarto cardiaco e altre conseguenze. Attualmente si prevede che in Europa la mortalità dovuta al caldo eccessivo sia destinata ad aumentare nel tempo.

Molte regioni europee sono vulnerabili ai cambiamenti climatici. La maggior parte delle conseguenze sarà di tipo negativo e con la prospettiva di peggiorare nel tempo. L’Unione Europea ha convenuto pertanto sulla necessità di limitare l’aumento delle temperature a un massimo di 2°C oltre la temperatura preindustriale. Anche se questo obiettivo sarà raggiunto attraverso delle azioni di mitigazione per stabilizzare le concentrazioni di gas climalteranti, alcuni impatti rimarranno, almeno nel breve e medio periodo, rendendo imperativo l’obbligo di adattarsi, al fine di ridurre la vulnerabilità e aumentare la resistenza di tutti i sistemi.



Molte sono le opzioni oggi disponibili per l’adattamento ai cambiamenti climatici e di solito sono specifiche per la zona e per il settore che si considera. La maggior parte delle azioni consiste, generalmente, nella preparazione ai disastri, nella gestione delle aree costiere, nel miglioramento dei servizi sanitari e nella gestione delle acque.

Infine, tutti i paesi più sviluppati, non hanno solo l’esigenza di adattarsi ai mutamenti del clima, ma anche l’obbligo morale di assistere i paesi in via di sviluppo, spesso molto più sensibili in termini di comunità, settori economici ed ecosistemi agli effetti del clima che cambia.


Gianluca Tognon
Si occupa di ricerca scientifica in ambito epidemiologico e nutrizionale che svolge presso l'Università di Göteborg in Svezia. Inoltre insegna... Leggi la biografia
Si occupa di ricerca scientifica in ambito epidemiologico e nutrizionale che svolge presso l'Università di Göteborg in Svezia. Inoltre insegna all'Università di Pavia al Master di Nutrizione Umana. I suoi principali interessi comprendono la nutrizione umana, la sicurezza alimentare e i rapporti fra alimentazione e ambiente.www.gianlucatognon.it Leggi la biografia

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